Coltivava cannabis in una serra artigianale nascosta in un’intercapedine della casa, spacciatore albanese arrestato dai Carabinieri di Pieve di Cadore
Pieve di Cadore. Il locale segreto ricavato al piano terra dello stabile in uso al giovane era costruito in maniera simile a quelli impiegati in altre aree dello Stivale per ospitare pericolosi latitanti in fuga dalle forze dell’ordine, ma quando i carabinieri della Stazione di Pieve di Cadore sono riusciti a penetrarvi all’interno hanno invece scoperto una serra semi-professionale, dove il venticinquenne albanese coltivava impunemente cannabis al fine di trarre illecito profitto dallo spaccio di marijuana.
Era da un po’ che i carabinieri della città del Tiziano erano sulle tracce dell’albanese, in Cadore da tempo e già noto per diversi precedenti, era infatti sospettato di essere l’autore dei due furti commessi durante l’estate scorsa all’interno della piscina comunale di Pieve di Cadore. Un bottino non particolarmente cospicuo, meno di un migliaio di euro in contanti e vari capi di abbigliamento sportivo trafugati nottetempo dalla struttura, ma, nonostante non vi fossero particolari elementi per identificare l’autore del furto, i militari non hanno mai interrotto le indagini, anche nella considerazione che il reato in sé aveva colpito una risorsa dell’intera comunità. Una volta composto un affidabile quadro accusatorio sul ragazzo, approfittando del fatto che lo stesso era da poco ricomparso nella zona dopo un periodo in cui non lo si vedeva più circolare in Cadore, d’intesa con la Procura di Belluno, domenica mattina i carabinieri hanno fatto irruzione all’interno dell’abitazione di residenza del giovane, avviando una minuziosa perquisizione finalizzata alla ricerca della refurtiva trafugata dalla piscina o, comunque, di elementi di prova in grado di inchiodare l’albanese alle proprie responsabilità.
L’attività si era dimostrata sin da subito remunerativa, infatti in varie camere all’interno dell’appartamento i militari non hanno avuto difficoltà a trovare felpe, gilet e borsoni sportivi con il logo della società che aveva subito i furti in piscina, la definitiva conferma che serviva per dare concretezza alle ipotesi investigative degli inquirenti.
Ma l’atteggiamento eccessivamente arrendevole del giovane è apparso fin troppo sospetto agli occhi dei militari, inoltre, la composizione dell’appartamento sito al primo piano dello stabile non sembrava perfettamente compatibile con la cubatura visibile dall’esterno. Così, nonostante le ricerche si fossero già rivelate un successo, i militari dell’Arma hanno proseguito con pervicacia ad ispezionare la casa per scoprire se vi fosse qualche altra sorpresa nascosta. Il fiuto dei carabinieri è stato così attirato da un odore particolarmente riconoscibile, il classico aroma dolciastro della marijuana, che si faceva più forte man mano che ci si avvicinava ad uno specchio oblungo appeso su un muro bianco, in una posizione apparentemente insignificante. Per capirne la ragione è stato sufficiente staccare lo specchio dalla parete: dietro era celata una strettissima apertura del muro che permetteva l’accesso ad un’intercapedine grezzo, sul cui pavimento vi era una voragine con una scala da lavoro in metallo, saldata per permettere di scendere in sicurezza in una stanza segreta del piano terra, adiacente al garage dell’abitazione, dove il giovane albanese aveva dato prova di possedere ingegno e pollice verde, doti purtroppo sprecate per rincorrere facili guadagni illeciti.
Immediato l’intervento di personale del Nucleo Operativo della Compagnia di Cortina a dare man forte ai colleghi di Pieve, poiché nel locale segreto, dotato anche di una seconda apertura di emergenza realizzata con pareti mobili per garantire una via di fuga tramite il garage, i militari dell’Arma hanno rinvenuto una coltivazione di cannabis realizzata con elevata professionalità e chiaramente finalizzata ad un’attività di spaccio. In tutto una sessantina di piante circa, di dimensioni variabili dai cinque centimetri al metro e mezzo, separate da teli e raggruppate per stadio di maturazione in 4 aree diverse, da quelle appena sbocciate a quelle pronte per il “raccolto”. Il tutto perfettamente organizzato con impianto di irrigazione, fari alogeni, concimi dedicati e ogni altra accortezza utile a massimizzare la resa della pianta; nella fase più delicata della crescita le piantine erano addirittura coperte da un telo trasparente e collegate ad un dispositivo in grado di regolare la temperatura dell’ambiente e la percentuale di umidità, oltre che di misurare il ph del terreno. La produzione terminava in una quinta zona, dove era installato un dispositivo per l’essiccazione delle foglie, con vicino una bilancia elettronica e un termosigillatore per il definitivo confezionamento dello stupefacente.
Nessuna informazione utile fornita nelle immediatezze dal giovane, ma una coltivazione così scientificamente organizzata, in grado di produrre approssimativamente 2/3 chili di marijuana ogni ciclo produttivo (artificialmente portato a meno di 3 mesi), lascia presumere che l’albanese avesse come clienti alcuni spacciatori che poi si sarebbero occupati della vendita al dettaglio, probabilmente lontano dal territorio cadorino, ove una simile attività avrebbe troppo presto sollevato sospetti su di sé. Le indagini proseguiranno.
Al termine del fotosegnalamento e delle ulteriori formalità di rito, su disposizione dell’Autorità Giudiziaria il venticinquenne albanese è stato tradotto alla casa circondariale di “Baldenich”, ove magari con l’arrivo imminente della primavera potrà mettere a frutto le proprie capacità per la cura delle aree verdi del carcere bellunese. A breve dovrà comparire davanti al G.I.P. per la convalida dell’arresto operato domenica dai carabinieri per il reato di coltivazione illecita di sostanze stupefacenti, ma alla luce delle positive risultanze della perquisizione dovrà comunque rispondere in un procedimento penale parallelo anche del ripetuto furto aggravato alla piscina comunale di Pieve di Cadore.
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