Dicembre 1988, un grave incidente davanti alla sede di Radio Più. Un ragazzo in coma…per settimane, Nicola Savaris. In ospedale Nicola ha ascoltato il suo hockey per ritornare tra tra di noi, erano le mie cronache di hockey dell’Alleghe…nell’audio allegato, grazie a Nicola che ha conservato le musicassette, un pezzo della nostra storia. ALLEGHE-VARESE 2-7, da Tancon a Jim Corsi…con Amedeo Franceschini, Fiorendo Dalla Ca’, Fabio Guadagnini. In studio Simonetta Tomè. VOCI, Massimo Zanardi, Elena Cagnati, Danilo Freri, Giorgio Pedron, Jim Corsi, Mike Mastrullo. Luca Del Vita, Adriano Tancon, Giulio Soia, Attilio Moretti …. In hockey il giorno dopo c’era anche il “finalino”, una sorta di Blob che anticipava la fortunata striscia televisiva e anche di parecchi anni..era un mixaggio di difficile realizzazione tra la varei interviste e curiosità, errori compresi, della partita.
PARTE DI QUELLA CASSETTA: prima del play ricordati di spegnare la radio dal player sulla destra, premi il tasto stop.
La storia:
il racconto da “Odio la radio”, il libro di Mirko Mezzacasa in occasione dei 30 anni di Radio Piu’ e l’audio della musicassetta…una sintesi con nomi e ricordi da brivido.
1988 LA POTENZA DELLA RADIO
Festeggiavano il Milan quella sera, perché Nicola Savaris il super tifoso dell’Alleghe, nella sua vita ha avuto due amori: l’hockey e il Milan. Lo festeggiavano a pieni giri, anche della Golf che urtò quattro paracarri in serie per poi finire la sua corsa nel prato accanto a RADIO PIU’. Su quell’auto viaggiavano in quattro, Moreno Tocchetto porta ancora in volto il segno di quella sera. Nicola Savaris, dopo un lungo periodo tra la vita e la morte è ritornato a tifare per il suo Alleghe e il suo Milan. Nei giorni del ponte dell’Immacolata, una fredda sera d’inverno. Una di quelle in cui ti rintani dentro una discoteca ad ascoltare la musica anni Ottanta. “Mirko fai presto, torna a casa, è successo un grave incidente…”. Marco Resnati mi diede la notizia, ero alla discoteca Amadeus. In via Agordina, a pochi metri dall’entrata della radio, il finimondo. Pezzi di auto ovunque e quattro ragazzi nel sangue: Orlando, Nicola, Moreno e Fabio. Mia mamma vicina all’infarto perché quell’auto finita fuori strada era grigia (come la mia), Orlando aveva i capelli ricci (come i miei) e quando mia mamma gli si avvicinò iniziò a lamentarsi per il dolore “Mamma…mamma”. Nicola immobile e mio papà vicino a lui. “Era ancora cosciente, chiedeva cosa era successo”, raccontò mio papà. Moreno Tocchetto era già sull’ambulanza con un’enorme cicatrice in fronte, al pronto soccorso c’era suo padre che lo aspettava, impietrito dalla paura.
Dal Racconto “La Finale”, di Mirko Mezzacasa. Elaborato presentato al concorso
letterario di Trichiana nel 2009 e al concorso “Premio Lupo” di Alberona (Foggia).
Dedicato a Nicola.
Gli spalti cominciano a riempirsi. Comincia l’eccitazione. Arriva anche lui. Lo vedo sempre entrare allo stadio con i primi tifosi e compiere lo stesso rituale incollando alle pareti i suoi striscioni, quelli del cuore. Maglione pesante sopra la canottiera ed al petto villoso, anche se non troppo da macho. Quando la temperatura salirà, rimarrà con quel petto crudo, in piedi avvinghiato al parapetto con le mani al cielo, quel cielo che per lui è sempre bianco-rosso.
La sua storia non è solo questa, ma una vera e propria favola a lieto fine: “Qui Elja mi sentite?” Vi ricordate quella storia? La storia di quella spedizione alpinistica femminile sovietica degli anni Settanta. Sette donne dovevano attraversare da est a ovest il Pik Lenin, una delle alte montagne del Pamir. Dal campo base si puntavano i cannocchiali sulla montagna e, alla radio venivano dettati ordini e informazioni. Si registrava su nastro la cronaca dell’ascesa. I giorni passavano, tutto sembrava andare per il meglio, finché il meccanismo s’inceppò. Una fine drammatica, vissuta addirittura con colpa. “Abbiamo provato, ma non abbiamo potuto. Vi prego, scusateci”. Lo dissero Elja e Galina, nel collegamento radio. Le parole delle due donne, la fine di una spedizione di sette componenti. Quelle parole, di morte, per sempre su un nastro registrato. Una brutta storia; ma ora ve ne racconto io una di bella. Il nastro di una musicassetta non è stato testimone di morte, ma veicolo di vita e lo sport in questione non è l’alpinismo dei settemila metri, ma l’hockey su ghiaccio. Il nostro tifoso, quello che finirà per mettersi a petto nudo è il protagonista di questa meravigliosa storia di vita. Uno di quei tifosi che hanno dentro il fuoco, che si può solo invidiare come si invidiano quelli che sono felici perché hanno imparato a dare tutto se stessi alla propria innamorata. Un uomo che sull’onda del sentimento ha anche cercato di cavalcarla quell’emozione, di esserci dentro: non si sa perché, nemmeno per come, ma i suoi guantoni regalati dal cugino, i pattini di quel Natale anni Settanta, i gambali e la stecca da portiere presi in prestito dagli amici più grandi sono finiti appesi al chiodo della cantina della casa paterna. Un’infanzia amara, scandita da due grandi amori: per il Milan e per l’Alleghe hockey, passioni complementari e affidabili. Per loro lui c’era sempre. Anche quella volta che per vedere la partita di hockey segnò un mancato rientro sotto naja…o in quelle tante volte che poi per tornare a casa dovette fare l’autostop… da Varese in Lombardia, da Bolzano in Alto Adige, da Torre Pellice in Piemonte. Ed il calcio. Il calcio e il suo Milan. Quella maledetta volta vinse il Milan. Il post partita diventò un nugolo di polvere e di ferro attorcigliato. Puzza di olio bruciato finito nel sangue. E’ bastato un attimo per quel drammatico incidente della strada. Quattro paracarri, pietre dure sono diventate tempo, giorni, settimane, mesi di buio, nemmeno spezzato da una risposta, neanche quella istintiva. E che fare adesso…rimaneva solo quella passione sviscerata dentro quel corpo. Questa è la nostra bella storia risollevata da un nastro di musicassetta. La storia del tifoso più amato, la cui vita in pochi attimi diventò una frase: “Altro da fare non c’ è…se non aspettare”. Perché così avevano detto i medici: “Fategli ascoltare quello che gli piace….e chissà che possa servire”. Certo. aspettare. Allora aspettiamo. Mentre si aspettava che il tifoso si risvegliasse, si era creato anche un certo scompiglio nella giovane Radio locale che tirava le redini dell’informazione: tutti volevano sapere le condizioni di salute del fedelissimo, inceppando i palinsesti. La gente chiedeva, s’informava, si dispiaceva, ma qualcuno anche “faceva”. Come quel cronista, che in ospedale al suo amico portava – come suggerito dai medici – le cronache della sua passione: musicassette con nastri registrati delle partite di hockey, che allora di più di oggi erano rigorosamente di “parte”. Finché un bel giorno quell’amore sviscerato l’ha salvato. Il tifoso più burbero, ma anche quello più buono, ce l’ha fatta…e quel nastro registrato si dice che lo custodisca non solo nel cuore, così come custodisce con gelosia quella maglia biancorossa con tutte le firme dei giocatori dell’ Alleghe Hockey di quella stagione, perché i giocatori non esitarono a varcare le porte del reparto di rianimazione non appena Nicola iniziò a vedere la luce. “La luce vera, del sole o di un lampadina – raccontò Nicola – non quella luce forte, bianca, che mi attirava a sé. Quella luce che per giorni, sembrava volesse imbrigliarmi e portarmi lontano”.