Giù il sipario sull’incendio della pizzeria Mordi e Fuggi di Pieve di Cadore. I carabinieri pongono fine alla messinscena e arrestano il titolare assieme ad un complice.
Pieve di Cadore. È scattata all’alba di oggi l’operazione che ha coinvolto vari reparti della Compagnia Carabinieri di Cortina d’Ampezzo e che ha portato all’arresto di Alessandro Piccin, l’ormai noto titolare della pizzeria al taglio data alle fiamme a Pieve di Cadore lo scorso aprile, assieme ad un suo conoscente, Luigi Zanettin, 36 enne cadorino, il quale secondo gli inquirenti avrebbe fornito un contributo determinante all’amico imprenditore per mettere in opera il piano che avrebbe dovuto portare ad incassare un cospicuo premio assicurativo.
Ma è il caso di fare un passo indietro. Nel violento incendio che la notte tra il 23 e il 24 aprile aveva devastato la pizzeria Mordi e Fuggi di vicolo dei Galli a Pieve di Cadore per poco non ci moriva un giovane pugliese, Pasquale Ferraro, trovato avvolto dalle fiamme con ambedue le gambe rotte mentre si trascinava sull’asfalto per sfuggire al fuoco che stava già puntando agli edifici vicini. Solo il pronto intervento di vigili del fuoco e 118 aveva permesso di evitare la tragedia, salvando la vita del giovane e arginando il dilagare delle fiamme, anche se l’esplosione causata dai fumi della benzina ammassata nel piccolo locale aveva già pesantemente danneggiato numerosi edifici circostanti. Le indagini dei carabinieri di Pieve di Cadore erano iniziate subito quella notte e, in breve tempo, con il supporto del Nucleo Operativo della Compagnia e sotto la costante direzione del dott. Paolo Sartorello della Procura di Belluno, avevano portato ad individuare in Fabio Laritonda, pugliese anche lui ma da anni in Cadore, colui il quale aveva coinvolto nell’attentato incendiario il corregionale ed un altro parente, il tassista Giuseppe Lauro, tutti finiti in manette lo scorso 14 giugno.
Quello che non era stato rivelato al momento degli arresti era invece il movente, sia perché il trio criminale aveva preferito non rispondere nel corso dell’interrogatorio di garanzia, sia perché i carabinieri, sebbene avessero già allora abbastanza chiara la vicenda, stavano conducendo assieme alla Procura una certosina attività di riscontro per blindare la posizione degli altri responsabili, i quali sono sempre rimasti sotto stretta sorveglianza dei militari fino agli arresti di stamattina.
E così un attentato incendiario che inizialmente aveva richiamato nelle cronache episodi di criminalità organizzata più tipici di altri territori, alla fine è stato ricondotto ad un tentativo finito malissimo da parte di un imprenditore in crisi di salvarsi dalla bancarotta truffando la propria assicurazione. Il movente del gesto è stato quindi sempre e solo il denaro: le attività del Piccin da qualche tempo non erano floride e il Cadorino, probabilmente sulla scorta di chissà quale esempio e certamente convinto di essere abbastanza scaltro da farla franca, deve aver pensato che la via dell’inganno fosse l’unica soluzione possibile per i suoi guai. La definizione del piano potrebbe essere venuta proprio da un acceso litigio avuto per ragioni di natura economica con un altro imprenditore del posto, al termine del quale questi aveva minacciato il Piccin di fargliela pagare e, preso in un momento d’ira, di bruciargli il locale. È in questo momento che nella mente di Piccin deve essersi illuminato qualcosa: organizzare un finto attentato incendiario, incolpare un innocente, incassare il rimborso dall’assicurazione e sistemare in breve tempo la propria situazione economica. Per un miglior guadagno aveva anche subito provveduto ad alzare i massimali della polizza della pizzeria in caso di danneggiamenti, incurante dei sospetti che la cosa avrebbe sollevato, sicuro che la falsa pista delle minacce da lui fornita agli investigatori avrebbe rappresentato una giustificazione sufficiente anche a questo suo comportamento.
A quel punto mancava solo di individuare qualcuno in grado di dare materialmente fuoco al locale che non fosse riconducibile in alcuna maniera a lui. È qui che Piccin si rivolge all’amico Zanettin. Questi, oltre a prendere contatto con Fabio Laritonda, persona con la quale già aveva confidenza, avrebbe agito da vero intermediario di Piccin nel definire gli accordi di dettaglio, arrivando, secondo gli inquirenti, anche a consegnare al gruppo di fuoco l’anticipo per il colpo (metà dei 4.500,00 euro pattuiti) e le chiavi della pizzeria, oltre a far trovare già pronte all’interno del locale le taniche di benzina la notte stessa del finto attentato. Il movente per quest’ultimo è ancora ignoto, ma si presume possa essere riconducibile ad un compenso promesso dall’amico Piccin per l’aiuto, d’altronde il denaro è la leva che ha mosso tutti gli altri protagonisti della vicenda.
L’indagine si è articolata per mesi, affiancando prolungate attività di natura tecnica delegate al Nucleo Operativo di Cortina ad indagini più tradizionali, per le quali è stata fondamentale la conoscenza del territorio dimostrata dalla Stazione Carabinieri di Pieve di Cadore. Senza la costante sinergia tra le due componenti e la ferma direzione della Procura bellunese non sarebbe stato possibile raggiungere i medesimi risultati. In tal senso sono stati eseguiti riscontri – il rinvenimento della chiave della pizzeria a casa Laritonda per esempio – e sono stati documentati numerosi incontri e dialoghi tra tutte le persone coinvolte che si sono rivelati fondamentali per chiarire a fondo la vicenda, anche in ragione del fatto che le dichiarazioni rese in sede di interrogatorio da Fabio Laritonda, per quanto determinanti, avevano lasciato ampie aree su cui dover fare piena luce.
Resta da vedere quali iniziative decideranno di intraprendere tutti gli altri proprietari degli immobili danneggiati dall’esplosione, atteso che, trattandosi di evento doloso con autori noti, potrebbero avere difficoltà a farsi rimborsare dalle rispettive assicurazioni. La stessa compagnia assicurativa di Piccin, la quale è presumibile avesse già sospetti nei suoi confronti visto il tempestivo innalzamento dei valori assicurati prima dell’esplosione del locale, potrebbe adesso decidere di avviare iniziative legali di autotutela.
Gli arrestati dovranno presto presentarsi davanti al G.I.P. per sostenere l’interrogatorio di garanzia, sono entrambi accusati di concorso in incendio doloso aggravato e in danneggiamento fraudolento di beni assicurati, mentre Piccin dovrà rispondere anche di calunnia aggravata per avere tentato di depistare le indagini gettando accuse verso un’altra persona con la quale aveva avuto un violento litigio. Diverse le misure cautelari applicate, in ragione del diverso ruolo da loro avuto nella vicenda: in carcere Piccin, ristretto ai domiciliari nella propria abitazione il complice.
comunicato Compagnia Carabinieri di Cortina d’Ampezzo