Il calcio come metafora della vita. La vita come metafora del palcoscenico. Un pallone che ruota come il mondo e troppo spesso il mondo preso a calci come un pallone. Un emozionante e disarmante racconto autobiografico: Giuseppe Scordio racconta la sua storia, dalla giovinezza segnata dal calcio e dalla corsa alla serie A, all’incontro con Giulio Bosetti e il teatro.
“Mi voleva la Juve” è la storia vera di un bambino, Giuseppe, cresciuto “allo Stadera”, un quartiere di periferia nella Milano degli anni ’70. Da una parte una famiglia numerosa, in cui il bambino prova a ritagliarsi un proprio posto; dall’altra la strada, una specie di “west” in cui si è costretti a scegliere in fretta da che parte stare. Unica via di fuga: il campetto di calcio del quartiere, una piccola landa dove far correre i sogni insieme agli altri bambini, fino a cadere con la faccia nella polvere. La purezza del gioco a un certo punto svanisce, “la strada” si porta via i compagni e l’illusione di una vita all’attacco. Giuseppe arretra, tocca difendersi e alla fine in un luogo imprevisto chiamato teatro trova l’ unica cosa che conta.
A Taibon sabato pomeriggio all’appuntamento voluto da Interclub, Gruppo Sportivo, Comune di Taibon e RADIO PIU c’erano oltre 200 persone, emozionate e c’è anche chi si è commosso fino alle lacrime, perché la storia è vera, perchè l’attore per oltre un’ora di monologo ha tenuto tutti inchiodati alla sedia. Di seguito le foto di Brunella Moro.