MUSEO STORIA DI UNA VALLE E DEL SUO PIU’ ILLUSTRE CITTADINO
Il Musal, sigla che sta per Museo Albino Luciani, non è una struttura che si occupa esclusivamente di papa Giovanni Paolo I; per scelta del curatore scientifico Loris Serafini racconta la storia dell’intera Valle del Biois e di altri personaggi il cui operato ha avuto ripercussioni rilevanti non solo a livello locale ma anche nazionale ed internazionale. Nelle prime sale del Musal si viene subito catapultati indietro nel tempo, in un passato caratterizzato da condizioni di vita pericolose e difficili ma anche da un’estrema vivacità sociale e intellettuale. Proprio in questa prima parte del museo, propedeutica alla storia biografica di Albino Luciani, è stata posta un’opera d’arte recentemente donata dallo scultore zumellese Giò Dal Piva in legno di tiglio, quercia rovere e pero dal titolo “Il Libro della Vita”. La scultura rappresenta un libro aperto contenente un seme di Vita che ha impresso la sua impronta nelle pagine del volume.
“Era da tempo che desideravo donare un’opera alla Fondazione che porta avanti la memoria di Giovanni Paolo I”, afferma lo scultore di Mel, “e appena ho visitato il Musal ho subito capito che questo era il posto giusto per il mio Libro della Vita. Il significato della mia opera è simbolico: tutto ciò che nasce (rappresentato dal seme) lascia la sua impronta nel grande Libro della Vita universale. Non dobbiamo mai dimenticare che quello che siamo e che vediamo oggi è il frutto dell’operato di chi ci ha preceduti. Quello che mi ha conquistato nel Museo Albino Luciani è il fatto che non si occupa del passato attraverso una sterile celebrazione, ma fa nascere un interrogativo in chi lo visita con attenzione: che tipo di impronta sto lasciando io per le generazioni che verranno?”
Ma quella di Giò Dal Piva non è l’unica sorpresa che il Musal ha ricevuto negli ultimi giorni.
Una signora di Canale d’Agordo, Fernanda Adami, ha voluto donare al museo una macchina fotografica Eastman Kodak Company n. 2 Cartridge Hawk-Eye Model C, prodotta negli Stati Uniti d’America nel 1926 e appartenuta a Remigio Andrich di Forno di Canale. Remigio l’aveva acquista grazie alla vendita di un campo; egli ebbe la fortunata intuizione di scattare una foto all’arciprete di Canale d’Agordo, don Filippo Carli, poco prima della sua scomparsa. Dopo la morte dell’amato Parroco, la richiesta di avere una copia della foto da parte dei parrocchiani fu tale che Remigio, con i proventi delle vendite, poté aprire uno studio fotografico ad Agordo. Il fotografo, emigrato poi in Francia, aveva lasciato la sua macchina fotografica a Maria Adami Bagatela, zia della signora Fernanda Adami. “Con quell’apparecchio sono state scattate varie foto relative alla giovinezza di Albino Luciani”, racconta entusiasta Loris Serafini, “tra cui la famosa foto della casa natale del Papa come appariva nel 1930, di cui non esistono immagini se non quella scattata da Maria stessa con quella macchina fotografica”.
Stefano Cassol (titolare della ditta Cassol Trasporti di Santa Giustina Bellunese), ha infine regalato al Museo Albino Luciani di Canale d’Agordo il cappello “a saturno” appartenuto a Papa Giovanni
Paolo I, donato a sua madre Antonietta Colle Cassol negli anni ’70 da suor Matilde Rivis (dell’Istituto di Maria Bambina) originaria di Rivamonte Agordino e in servizio per molti anni a Vittorio Veneto e poi alle carceri femminili della Giudecca a Venezia.
“Siamo davvero grati per la squisita sensibilità dimostrata da quanti ci fanno dono di oggetti ed opere d’arte”, conclude Loris Serafini, “ci dimostra che molte persone hanno a cuore questo museo e ci tengono ad arricchirlo dando il loro personale contributo. E’ molto bello per noi constatarlo e ringrazio di cuore i nostri ultimi donatori, Giò Dal Piva, Fernanda Adami e Stefano Cassol, per i loro bellissimi gesti”.