COMUNICATO DEL SEGRETARIO REGIONALE SAP VENETO_FABIO BALLESTRIERO
AUDIO
CORTINA Oggi, il Capo della Polizia Prefetto Franco Gabrielli sarà a Cortina d’Ampezzo per intitolare la nuova sala riunioni del Commissariato di P.S. all’Agente Ausiliario Giordano Coffen, medaglia d’argento al valor civile alla memoria, tragicamente scomparso il 7 aprile 1991 all’Ippodromo delle Padovanelle di Padova.
La circostanza che lo porta in questa regione, che ha pagato un pesante tributo di vite, è particolarmente significativa perché celebra il sacrificio di in giovanissimo collega, vittima di un feroce gesto della criminalità.
Già in occasione della visita del Capo della Polizia a Belluno per inaugurare la nuova sede della Digos bellunese, abbiamo avuto modo di esporre il nostro punto di vista circa il suo autorevole ed indimenticabile invito di allora a “lavare i panni sporchi in casa”, che suona oggi, ma ne eravamo consapevoli già allora, come un monito, se non addirittura una minaccia, vista la recente contestazione disciplinare della sospensione dal servizio inviata al nostro Segretario Generale Gianni Tonelli, colpevole di aver criticato pubblicamente la partecipazione di un alto dirigente del Dipartimento in un video del Movimento 5 Stelle.
Che il sistema sicurezza sia debilitato per esempio dalla scarsità degli organici e “senilizzato” – vocabolo aulico e politically correct per dire che in Polizia siamo vecchi – è un dato certo e Belluno ne è l’esempio con un calo netto di circa 39 unità dal 2010 e con un’età media di 48 anni, che lo stesso Gabrielli in ogni occasione pubblica ribadisce additando un panno vergognosamente lercio da anni. Così come fa il Sap da oltre quattro anni, utilizzando dalla propria cassetta degli attrezzi sindacali prevalentemente il diritto di critica, specie se chi ha la titolarità di poter fare e decidere (..la politica…) spesso non lo fa o fa chiacchiere come si dice in Toscana. Che poi la critica non piaccia ed alla prima occasione ritenuta utile si usi l’inappropriato bastone della disciplina per punirne uno per educarne cento questo è solo un nostro modestissimo pensiero.
Dunque al nostro Capo della Polizia che nel suo messaggio, all’indomani dell’incarico ricevuto, ha citato un illustre filosofo del 1400 – Tommaso Moro – auspicando di avere “la forza di cambiare le cose che posso cambiare, la pazienza di accettare le cose che non posso cambiare e soprattutto l’intelligenza di saperle distinguere”, vorremmo proporre anche questa volta alcune serenissime riflessioni.
Spiace osservare che, a nostro sommesso avviso, sinora sia apparsa assai debole la “forza” che ha messo per cambiare alcune cose che riguardano molto da vicino i nostri poliziotti. A cominciare per esempio dalle telecamere sulle divise di tutti gli agenti – il Sap lo propone da almeno 5 anni – affinché possano essere meno vulnerabili ed alla mercé di chiunque voglia accusarli delle peggiori cose. I caschi da Ordine Pubblico – il Sap lo dice da almeno 3 anni, subendo l’ingiusta sospensione del collega che disse la verità – ancora in buona parte vetusti e da sostituire con caschi nuovi ed in dotazione individuale così da evitare promiscuità igienicamente poco gradevoli. Continuiamo con giubbetti antiproiettile ancora in quantità insufficienti alle necessità e scarsamente assortiti nelle taglie. Così accade sovente che alcuni colleghi siano costretti ad utilizzare modelli “large” sebbene abbiano corporature “small” o “medium”, perché sono le uniche taglie rimaste….
Andiamo avanti con vestiario fornito a molti operatori in quantità insufficiente alle esigenze, così che spesso molti ricorrono al “baratto” tra loro o addirittura al recupero dei capi usati e dismessi dai colleghi ormai in pensione.
Queste sono solo alcune delle criticità su cui pesa fortemente la capacità di cambiare le cose che il nostro Capo ha invocato citando Tommaso Moro, assumendone, da una parte, il gravoso onere intellettuale, e dall’altra l’impegnativa responsabilità di operare l’auspicabile cambiamento, che a tutt’oggi a noi pare non stia avvenendo.
Per questo e solo per questo il sindacato esiste ed ha senso che eserciti quel diritto di critica che è prezioso come l’aria che respiriamo. Perché il sindacato ha il dovere di controllare che ciò che si dice venga poi fatto. Ha il diritto-dovere di segnalare ciò che non funziona. Ha il diritto-dovere di denunciare inadempienze, inefficienze. Su questo credo dobbiamo andare tutti d’accordo.
Così, come dobbiamo concordare sul fatto che l’esercizio della invocata virtù teologale della pazienza per accettare le cose che non si possono cambiare, serva ad accettare francescanamente quel diritto alla critica che è il sale, oltre che il fondamento sancito dall’articolo 21 della Costituzione, della nostra democrazia.
Il procedimento disciplinare contestato al nostro Segretario Generale Gianni Tonelli, rappresenta un gravissimo vulnus inferto ai fondamentali diritti riconosciuti a chi rappresenta i lavoratori. Ciò è ancor più grave perché al posto del legittimo strumento giurisdizionale a cui ogni cittadino-appartenente alle Istituzioni che si sente leso nelle proprie prerogative ha il diritto di azionare, si è ricorsi all’improprio strumento dell’azione disciplinare, esponendo la nostra Istituzione all’imbarazzante equivoco di essere il giudice ed anche l’accusatore di Tonelli e sottraendo il nostro Segretario Generale al legittimo diritto ad una difesa giusta ed imparziale che poteva esser fatta solo nelle aule di un tribunale, atteso com’è malamente congegnato il dpr 737 che regola la disciplina nella nostra Amministrazione. A proposito: da anni si dice che è ora di cambiarlo. Possiamo sperare si possa fare oppure tutto sommato è meglio tenerlo così, alla mercé di una sbilanciata e spesso strumentale arbitrarietà dell’amministrazione nel giudicare i poliziotti?
Senz’altro il luminoso pensiero di Tommaso Moro ha squarciato il buio del nostro tardo medio evo e forse ispirerà l’autorevole azione Istituzionale del Capo della Polizia, al quale vogliamo augurare che tra le sue riflessioni annoveri anche il pensiero di Voltaire, uno dei padri del nostro Illuminismo: non condivido quello che dici, ma difenderò fino alla morte il tuo diritto ad esprimerlo liberamente.
E’ così bella la luce della ragione e altrettanto brutto il buio dell’irragionevole irrazionalità.