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Ci si potrebbe chiedere che mai potrebbe avere in comune la tattica di combattimento del Sergente Pilota MOVM Ferruccio Serafini (Falcade, 20 gennaio 1920 – Macchiareddu, 22 luglio 1943) con quella dei piloti dei caccia che il 9 settembre 2001 furono inviati per intercettare il volo 2001 della United Airlines, dirottato dai terroristi di al-Qaida, che si credeva fosse diretto a Washington. Aerei ben più moderni del suo, ma che non c’era stato il tempo necessario per armare con i missili. Una cosa avevano certamente in comune: in entrambi i casi si trovavano a bordo di un aereo da caccia ma non avevano di che utilizzare per fare il proprio dovere. Quei piloti degli F16 USA sapevano che, per evitare che i dirottatori colpissero i loro bersagli, avrebbero dovuto – come fece il Sergente pilota Ferruccio Serafini – intercettare e far schiantare i loro caccia contro gli aerei dirottati, eventualmente lanciandosi all’ultimo momento. Era l’applicazione in ambito aeronautico, della tattica marinaresca dello speronamento. Insomma, dello studiato a scuola “rostro”. Ovvero, del pesante oggetto da sfondamento che veniva montato sulla prua delle navi antiche per affondare le navi nemiche. Ora a prima vista potrebbe anche sembrare una manovra aerea quasi da kamikaze, ma nulla è di più errato. Il pilota che sperona utilizza certamente il suo intero aereo come fosse un ariete per cercare di distruggere i comandi del nemico usando l’elica o l’ala per tagliare la coda o l’ala del nemico. Ma un attacco di speronamento non è mai stato considerato suicida in quanto il pilota aveva una sia pur minima possibilità di sopravvivere, anche se era molto rischioso. A volte, l’aereo da speronamento stesso poteva sopravvivere per effettuare un atterraggio controllato, anche se la maggior parte andava persa a causa di danni da combattimento e il pilota si salvava gettandosi con il paracadute. Purtroppo, il Sergente falcadino non riuscì in questo a causa dell’altezza non sufficiente per farlo. Lo speronamento è stato utilizzato nella guerra aerea nella prima metà del XX secolo, in entrambe le guerre mondiali e nel periodo tra le due guerre. Nell’era dei jet, con l’aumento della velocità di combattimento aereo, lo speronamento si verificava molto meno frequentemente: la probabilità di eseguire con successo (e sopravvivere) a un attacco di speronamento si avvicinava allo zero. Ma se non hai altro mezzo per abbattere un bombardiere con armi atomiche un pensierino ce lo fai eccome. Ma non pensiamo che questa tattica sia stata del tutto abbandonata. Il 18 luglio 1981, quando esisteva ancora l’URSS, l’aereo da caccia sovietico Su-15, pilotato dal capitano V.A. Kulyapin, doveva a tutti i costi fermare un un CL-44 argentino noleggiato da un trafficante d’armi internazionale. Non ritendo di potere fare altro lo speronò mentre si trovava in volo in Armenia. Gli occupanti del velivolo civile persero la vita, mentre il pilota del caccia sovietico si salvò con il paracadute. Questa era tattica che però era una caratteristica esclusiva degli assi dell’aviazione militare dotati, però, oltre che della bravura anche di un coraggio immensamente fuori dal comune. Insomma, per intenderci, di piloti militari come il Sergente pilota Ferruccio Serafini
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