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UNA LETTERA
AUDIO
Cari ragazzi, chissà quali sono i vostri pensieri mentre leggete le mie parole che raccontano tempi andati. Chissà a cosa pensate mentre ascoltate il mio narrare storie di vite lontane che non devono essere dimenticate. I vostri pensieri non li conosco, e a voi, forse, nemmeno interessano questi semplici racconti e queste storie vecchie, e in fondo è giusto così. A vent’anni si deve guardare avanti, per guardare indietro avrete tempo in un futuro che, fortunatamente per voi, è ancora lontano. A volte mi chiedo se riuscite ad immaginare quella frazione di montagna un tempo priva di lampioni ma ricca di umanità. Di notte occorreva utilizzare una torcia per evitare di sfracellarsi lungo la scalinata, d’inverno sempre ghiacciata, che termina a pochi passi dalla porta di casa. Oggi ci sono i lampioni ad illuminare questo percorso, ma dietro a quella porta regna il silenzio. Mancano quegli affetti e quel calore potente di legna che riscaldava quelle gelide sere d’inverno che voi potete solamente tentare di immaginare. Parlando d’inverno, chissà se voi riuscirete a vivere inverni simili a quello che ho vissuto io quand’ero bambino e poi ragazzo. Non credo, nel frattempo sono cambiate le stagioni e sono cambiati pure gli uomini. Solamente le montagne sono rimaste uguali. Non so voi come guardate le montagne. Se le considerate una ricchezza oppure un semplice sfondo di un orizzonte limitato e per voi limitante; per me sono state e sono importanti, mi auguro che in futuro lo siano anche per voi. Le montagne, con il silenzio, sanno insegnare. In fondo, anche una parte delle vostre radici abita di fronte e sotto il Pelsa. Qui è ancora viva la memoria di quelle donne e di quegli uomini che hanno vissuto questa montagna affascinante e difficile. Ogni trave del tabià, ogni pietra di quelle case oggi rinnovate, è testimone delle fatiche e dei sacrifici compiuti per poter continuare a vivere questa terra. Allevavano vacche e maiali, coltivavano i campi, preparavano la legna per l’inverno e falciavano l’erba che si sarebbe trasformata in fieno. Poi in tanti andavano all’estero a lavorare, perché tutte queste attività faticose ad un certo punto non bastavano più per vivere dignitosamente. Probabilmente, anche voi andrete all’estero, ma non partirete con la pancia vuota e le lacrime che vi bagnano gli occhi. Andrete via con una qualche laurea in tasca, alla ricerca della vostra strada e poi un giorno queste montagne e questi paesi vi chiameranno, e chissà se risponderete. Io spero di sì. Spesso mi chiedo se voi ragazzi, figli di questa epoca digitale, sapete apprezzare certi perfetti silenzi di quassù. È soprattutto alla sera che ritornano certe atmosfere tranquille identiche a quelle che ho vissuto tanti anni fa. Al tempo, quelle atmosfere che oggi ricerco mi sembravano quasi noiose, chissà voi, abituati al costante rumore del mondo, come vivreste questi momenti di montagna che per me, oggi, sono ricchezza. Mi pongo spesso domande come queste, molto meno spesso trovo le risposte. L’unica certezza è quella che un domani riceverete in eredità un mondo semplice nel quale sono custoditi valori antichi purtroppo spesso lasciati in un angolo. Ritroverete certi silenzi e, forse, ricorderete queste mie parole che raccontano un tempo lontano e diverso da quello che voi, finora, avete vissuto.
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