Torna a crescere la Cassa integrazione (Cig) in Veneto. Nel primo semestre di quest’anno, a confronto con lo stesso periodo dell’anno scorso, il numero delle ore autorizzate è salito del 9,2 per cento. Nei primi 6 mesi del 2025 lo stock ha toccato i 38,2 milioni di ore, 3,2 milioni in più rispetto allo stesso periodo del 2024. Una variazione, comunque, molto inferiore rispetto a quella registrata sia dalla Lombardia (+17,9 per cento), sia dall’Emilia Romagna (+20,5 per cento). In Veneto le situazioni più difficili si sono verificate in provincia di Rovigo che presenta un incremento molto un preoccupante e pari al + 60,1 per cento, nella Città Metropolitana di Venezia con il +59,5 e in provincia di Vicenza con il +10,8. In forte controtendenza, invece, è Belluno che ha visto ridursi la richiesta del 16 per cento. I settori più interessati dal numero di ore di Cig autorizzate sono il tessile/abbigliamento/calzature, l’automotive, la metallurgia (lavorazione ferro, alluminio, rame, etc.), la produzione di macchine ed apparecchi meccanici e il mobile.
La segnalazione giunge dall’Ufficio studi della CGIA.
Veneto: occupazione al top e pochissimi disoccupati
Rimanendo sul fronte occupazionale, il numero degli occupati presenti in Veneto continua costantemente a crescere. Nel 2025 la platea degli addetti dovrebbe toccare 2.232.000 unità. Per contro, il tasso di disoccupazione è in costante calo e quest’anno dovrebbe scendere al di sotto del 3 per cento (i senza lavoro pari a 70.000 unità). A livello nazionale solo le province autonome di Trento e di Bolzano possono contare su delle performance migliori delle nostre.
Più lavoratori, ma retribuzioni al palo
In questi primi tre anni di governo, i risultati ottenuti in materia occupazionale sono stati certamente positivi, anche se il merito è riconducibile più agli imprenditori che alla politica. Tuttavia, non dobbiamo dimenticare che con una crescita che per ognuno degli ultimi tre anni è stata inferiore all’1 per cento, all’aumento dell’occupazione non è corrisposto un incremento altrettanto importante della produttività, almeno nel settore dei servizi e del terziario, purtroppo anche in Veneto. Pertanto, gli stipendi degli italiani, che mediamente sono al di sotto della media europea, faticano a crescere adeguatamente. Inoltre, il tasso di occupazione femminile è molto basso, mentre i NEET presentano ancora dimensioni preoccupanti. Ora, con una produzione industriale che stenta a riprendersi e il deciso aumento del ricorso alla cassa integrazione, il quadro generale presenta più ombre che luci. Pertanto, se non vogliamo scivolare verso una crisi strisciante che – a seguito delle tensioni geopolitiche e della transizione digitale ed ecologica – ha già coinvolto la Germania e la Francia, dobbiamo spendere bene e presto i soldi del Pnrr. Con la messa a terra entro il mese di giugno 2026 degli oltre 100 miliardi di euro che l’Italia ha ancora a disposizione, possiamo dare un contributo importante all’ammodernamento del Paese ed evitare una nuova crisi che, ribadiamo, ha già messo in seria difficoltà sia Berlino che Parigi.






