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DI ALESSIA DALL’O’
BELLUNO San Candido si prepara ad accogliere, dal 1 al 4 febbraio 2026, il 36° Festival Internazionale delle Sculture su Neve, evento inserito nel calendario dei Giochi Olimpici Invernali 2026. Tra le squadre selezionate spicca l’unica formazione italiana: un team interamente bellunese composto dagli scultori Paolo Moro, Manuel De Francesch ed Elio Dal Mas. Tre nomi, tre percorsi e tre sensibilità diverse, capaci però di lasciare il segno e sorprendere. Una dimostrazione concreta di come la provincia di Belluno non sia soltanto terra di tradizione artigianale, ma continui a essere un luogo fertile per l’arte contemporanea, ricco di talento e visione. Il contest vedrà sfidarsi artisti provenienti da tutto il mondo: Gran Bretagna, Messico, Svezia, Turchia, Stati Uniti, oltre a una squadra della scuola per scalpellini di Lasa (BZ) e una della scuola per scultori di Innsbruck. In questo panorama internazionale, il trio bellunese rappresenterà l’Italia con un progetto che unisce tecnica, simbolismo e memoria sportiva. Il concorso ruota attorno al tema del Fair Play, valore fondante dello sport e della convivenza civile: rispetto, lealtà, amicizia, rifiuto della violenza, del razzismo e del doping. Un principio che, in un’edizione olimpica, diventa un messaggio universale e trasversale.
“Abbiamo scelto di interpretare il tema attraverso la storia di Eugenio Monti, il leggendario bobbista italiano protagonista alle Olimpiadi di Innsbruck del 1964 di uno dei gesti più celebri della storia dello sport”, spiega Paolo Moro, che di recente ha anche vinto con la sua scultura “Dea Olimpica” un contest sempre a tema olimpiadi ad Auronzo di Cadore. “Monti prestò un bullone del proprio bob alla squadra britannica, permettendole di continuare la gara e vincere l’oro. Lui conquistò comunque una medaglia, ma soprattutto ricevette il primo Trofeo Pierre de Coubertin mai assegnato, riconoscimento al più alto gesto di fair play. Lo sport è anche e soprattutto questo: competizione leale.” I tre scultori lavoreranno “a sei mani” alla loro opera, intitolata Spirito Olimpico. “Raffigureremo una bandiera mossa dal vento, al cui interno prendono forma i simboli olimpici. Da sotto il drappo emergeranno due bob lanciati in gara, uno accanto all’altro, simbolo di competizione ma anche di rispetto reciproco”, racconta Moro. La sorpresa più significativa, però, si rivelerà solo alla fine della pista: al centro, emergente dalla neve, comparirà un bullone. Un dettaglio semplice ma potentissimo, pensato come cuore morale dell’intera installazione. Un piccolo oggetto capace di evocare un grande gesto: quello di Monti, che ancora oggi rappresenta l’essenza più autentica dello spirito olimpico. Con Spirito Olimpico, la squadra bellunese non porterà a San Candido soltanto il proprio talento, ma anche una lezione di sportività: un racconto italiano che, a sessant’anni di distanza, continua a parlarci con la stessa forza, umanità e profondità.
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