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RIVAMONTE All’indomani della Seconda guerra mondiale, centinaia di agordini partirono per il Belgio, allora noto come il “Paese nero”. Molti trovarono impiego nelle miniere, in condizioni durissime. Le famiglie agordine si stabilirono principalmente nella zona di Mons, in particolare a Boussu Bois, località che ancora oggi evoca ricordi vivi – spesso dolorosi – in chi visse quella stagione. Sabato 2 agosto, alle ore 17.00, questo importante capitolo dell’emigrazione bellunese sarà rievocato nel centro minerario di Valle Imperina, luogo simbolico scelto non a caso. L’incontro è promosso dal Comune di Rivamonte, dall’Associazione Bellunesi nel Mondo (ABM) e dalla Famiglia degli ex emigranti dell’Agordino. Dopo i saluti istituzionali, interverrà lo storico Egidio Pasuch, autore del libro I neri fantasmi di Marcinelle. Storia (e storie) dell’emigrazione bellunese in Belgio. L’introduzione sarà affidata al professor Gian Pietro Zanin. La scelta di Valle Imperina, oltre al forte valore simbolico, segna anche la conclusione di un ciclo di circa trenta presentazioni svoltesi in tutta la provincia. Proprio in questo centro minerario, tra qualche settimana, sarà presentato anche il nuovo libro di Pasuch, ideale prosecuzione del precedente, dedicato alla silicosi nelle montagne venete. Tra le storie rievocate, un posto speciale è occupato da quella di Armando Casera, minatore agordino e figura di spicco del sindacalismo in Belgio. Casera si batté con determinazione per migliorare le condizioni di sicurezza nei luoghi di lavoro e fu promotore, nel 1966 a Mons, della nascita di una delle prime Famiglie di Emigranti, tra le prime a ricevere il gonfalone della Provincia di Belluno. Non si possono dimenticare i molti agordini che persero la vita nelle miniere belghe, soprattutto a Boussu Bois, località visitata anche dall’allora parroco di Frassenè, don Giosuè Fagherazzi, che raccontò la sua esperienza in un opuscolo. I neri fantasmi di Marcinelle, pubblicato dall’Associazione Bellunesi nel Mondo, ha riscosso grande interesse e ha già richiesto più ristampe nel primo anno di pubblicazione: segno evidente di una memoria ancora viva nel cuore della comunità bellunese.
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