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FELTRE In molte aree alpine, tra cui il bellunese, il settore lattiero-caseario non è soltanto un comparto produttivo: è un presidio sociale, ambientale ed economico. Tiene in vita le malghe, garantisce la cura del paesaggio, offre lavoro e frena lo spopolamento. Eppure, proprio mentre ci si avvicina al periodo delle feste, quando i consumi dovrebbero sostenere il mercato, gli allevatori guardano con crescente preoccupazione ai segnali che arrivano dalla filiera del latte. Non sarà infatti un Natale sereno per chi vive di allevamento. Da mesi, il mercato del latte è in caduta libera e, secondo i dati Ismea, l’ Istituto di Servizi per il Mercato Agricolo Alimentare, il latte “spot”,quello sfuso in cisterna,è passato dai 69 euro a ettolitro di agosto ai 53 di ottobre, con un trend ancora negativo. Alla base, un eccesso di offerta a livello europeo e internazionale, sommato al rallentamento dei consumi. «La situazione non ci fa dormire tranquilli» commenta Diego Donazzolo, presidente di Confagricoltura Belluno. «In provincia possiamo contare su una cooperativa solida come Lattebusche, che garantisce una remunerazione generalmente superiore alla media e valorizza il prodotto del territorio. Ma il surplus di latte è anomalo, così come il crollo repentino dei prezzi. Con l’espansione delle grandi stalle in pianura, soprattutto in Lombardia, l’industria sfrutta la situazione per comprimere i prezzi dello spot e rimettere mano ai contratti. Tornare ai 40 euro a ettolitro, oggi come oggi, sarebbe devastante, considerando il caro-costi e gli investimenti fatti sul benessere animale». Il quadro nazionale conferma l’allarme: le consegne di latte in Italia sono aumentate del 2,6%, con picchi in Lombardia (+3,4%), Emilia-Romagna (+3,8%) e Veneto (+4,2%). Crescite analoghe si registrano in Germania, Belgio, Francia, Nuova Zelanda e Stati Uniti. A pesare ancor di più è il latte spot di importazione, che cala più velocemente di quello italiano, trascinando al ribasso i prezzi. E persino i formaggi DOP, storicamente più stabili, iniziano a mostrare segnali di flessione. Confagricoltura punta ora su una risposta coordinata. Al tavolo con il ministro Francesco Lollobrigida, riunitosi pochi giorni fa a Roma, l’associazione ha chiesto misure per frenare le produzioni del 2025, tutelare i prezzi, intervenire sul caro-energia, distribuire prodotti lattiero-caseari ai più fragili, sostenere campagne pubblicitarie per il consumo interno e valorizzare la filiera DOP. Nel solo bellunese, secondo Veneto Agricoltura, nel 2024 sono state prodotte 49.669 tonnellate di latte, per un valore di 25,3 milioni di euro. Del totale veneto, il 56% confluisce in formaggi DOP, con il Grana Padano che assorbe da solo circa un terzo della produzione regionale. Un quadro complesso, ampio e che non guarda l’economia di un solo territorio, ma dell’intera nazione, tenuto conto che nei territori di montagna, produrre costa di più e ogni stalla chiusa significa un pezzo di comunità e tradizione rurale che si spegne. A chiudere il punto, anche le parole del presidente di Lattebusche, Modesto De Cet, che mantiene una prudente fiducia: «Il bellunese sarà meno colpito da questo calo, ma non resterà indenne. La cooperativa, rispetto all’industria, dà una protezione importante, ma anche da noi il latte avanza: ce n’è più di quello che serve. È il risultato di una stagione buona, con produzioni in crescita». De Cet non nasconde l’incertezza di fronte al mercato che altalena: «Ad agosto non avremmo immaginato un calo così rapido. La preoccupazione maggiore è l’ulteriore ribasso atteso tra gennaio e la primavera, con il latte che potrebbe scendere sotto i 50 euro. In Lombardia alcune realtà hanno già scelto di non vendere affatto il prodotto, di tenerlo, come suol dire “in casa”. La forza della nostra cooperativa, invece, ci permette di dire che a Belluno nessun litro di latte resterà a casa: un risultato che oggi non possiamo dare per scontato». Un settore che continua a sorreggere la montagna, dunque, ma che oggi chiede attenzione. Perché senza reddito, anche il presidio più solido rischia di sgretolarsi. Sulla questione interviene nel merito anche l’onorevole Luca De Carlo, presidente della 9ª Commissione Industria, Commercio, Turismo, Agricoltura e Produzione Agroalimentare.
«Il problema del surplus – spiega – è stato affrontato al Ministero dell’Agricoltura martedì scorso in un tavolo di lavoro. Abbiamo cercato un’apertura da parte dell’industria per avviare un ragionamento su un prezzo più equilibrato. Tra tre giorni ci sarà un nuovo confronto per chiudere l’accordo e definire un valore che contemperi le esigenze degli agricoltori con quelle dell’industria, garantendole margini operativi adeguati» Un equilibrio difficile, ma non impossibile. «Sono positivo. La filiera del latte è un patrimonio da proteggere per continuare i risultati ottenuti in questi anni: siamo il secondo Paese esportatore di formaggi, il secondo produttore europeo, abbiamo la leadership nei prodotti Dop e Igp. Non è un caso: il nostro territorio è la culla di queste filiere.” Per De Carlo, la risposta non può essere solo emergenziale, ma strutturale. «Quattro sono i miliardi che come Ministero dell’Agricoltura abbiamo stanziato: l’attenzione è continua, soprattutto per contrastare le pratiche sleali sui prezzi. Interverremo anche con la mia Commissione sul Coltiva Italia, che dispone di 300 milioni per sostenere la filiera vacca vitello, in particolare in montagna, e per abbattere i costi attraverso il supporto alle produzioni cerealicole, anch’esse connesse all’allevamento. Stiamo mettendo in campo tutte le energie, pubbliche e imprenditoriali, per continuare a sostenere il settore» Un altro elemento critico arriva dal mercato e dalle abitudini alimentari: sempre più famiglie riducono il consumo di latte vaccino. De Carlo è netto: «Ognuno deve sentirsi libero di mangiare ciò che desidera, ma se le scelte dipendono da mode o da comunicazioni distorte, allora serve una forte azione informativa per spiegare i benefici del latte e ribaltare molte percezioni. Si è data una connotazione sbagliata a cibi che fanno parte della nostra tradizione. Gli italiani sono tra i più longevi al mondo: i pilastri della nostra alimentazione non possono essere sottostimati». E sul Natale, periodo delicato per i consumi, l’onorevole osserva come le famiglie italiane mostrano una crescente predisposizione al risparmio, anche per effetto delle tensioni internazionali. Nonostante le previsioni di minor spesa, De Carlo resta fiducioso: «L’anno scorso si diceva la stessa cosa e invece le uscite nel periodo natalizio sono aumentate. Mi auguro che accada di nuovo. Il mio invito è a comperare locale, scegliendo prodotti della nostra tradizione: non solo sono di qualità, ma anche sicuri».
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