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BELLUNO Un territorio, anche il nostro bellunese, che é tornato a fare i conti con l’emergenza del crollo del prezzo del latte. In sessanta giorni il valore riconosciuto ai produttori è sceso da 68 a 48 centesimi al litro, un tonfo del 30% che nel frattempo ha riacceso le preoccupazioni nel cuore delle terre alte. “È un nuovo allarme rosso, come ai tempi del Covid, quando il settore si é bloccato a motivo dello stop del settore HoReCa”, ha denunciato Cia Belluno nelle parole del presidente Rio Levis.A determinare la flessione è una situazione complessa e, come sempre, un intreccio di fattori che vanno dalla sovrapproduzione a livello europeo e globale ad un periodo in cui i consumi si sono rallentati, insieme ad un aumento delle importazioni che ha ulteriormente trascinato verso il basso le quotazioni del latte. A pagarne il prezzo è un comparto già fragile, ma che fa parte anche dello scheletro della Provincia di Belluno: nel bellunese infatti gli allevamenti da latte certificati sono 250, per un totale di circa 15mila capi e un fatturato annuo che supera i 30 milioni di euro. “Abbiamo raggiunto un punto di non ritorno. In queste condizioni i produttori rischiano di lavorare in oerdita” afferma Levis, seguendo i ragionamenti già presentati nei giorni scorsi anche da Diego Donazzolo di Confagricoltura Belluno. “Molti produttori rischiano di lavorare in perdita e un allevamento non è una fabbrica: non chiude mai, nemmeno nei giorni di festa, e i costi fissi rimangono elevati e non scalabili”. A pesare ulteriormente è il caro foraggi: l’erba medica ha raggiunto i 25 euro al quintale, contro una media storica di 18 euro, complice un clima che alterna siccità e nubifragi riducendone la disponibilità in Veneto. In questo quadro, l’intesa raggiunta al Ministero dell’Agricoltura rappresenta uno spiraglio ma forse non del tutto una definitiva soluzione. L’accordo prevede che a gennaio il prezzo salga a 54 centesimi, per poi assestarsi a 53 in febbraio e 52 in marzo, prima dell’introduzione di un meccanismo di compensazione e di interventi strutturali sulla filiera. Un’intesa accolta favorevolmente dall’intero fronte agricolo nazionale. Copagri ha sottolineato come l’accordo “sia fondamentale per stabilizzare il mercato e dare riferimenti certi agli agricoltori”, in un momento estremamente delicato. Coldiretti invece parla di un risultato “indispensabile per dare prospettive alle stalle e garantire che nessun litro di latte resti in stalla, dopo settimane di incertezza che rischiavano di compromettere il futuro di un settore cardine del Made in Italy”. Anche Cia Nazionale riconosce l’importanza del percorso: “Il tavolo era necessario e il negoziale utile per alleggerire il peso sugli agricoltori. Ora mettiamoci al lavoro per un vero patto di filiera”. Positivo anche il senatore Luca De Carlo, presidente della Commissione Industria e Agricoltura del Senato, che parla di “un successo a tutela di allevatori e produttori, con una programmazione a medio-lungo termine e progetti di internazionalizzazione delle imprese e alla commercializzazione all’estero”. De Carlo ha sottolineato che il ministro Lollobrigida ha dichiarato che grazie a questa intesa abbiamo tutelato il nostro sistema di allevamento con i prezzi più alti d’Europa, “vuol dire che il risultato é stato ampiamente raggiunto: avevo già anticipato come l’incontro di martedì sarebbe stato decisivo per arrivare ad una soluzione soddisfacente per tutti, tanto che non solo MASAF, ma anche Copagri e Via hanno accolto con favore l’esito del confronto. Nel bellunese abbiamo inoltre il valore aggiunto dato da Lattebusche, cooperativa che coniuga qualità, attenzione economica e sostegno ai soci”.
Resta però alta l’attenzione sul territorio, dove il timore di nuove oscillazioni non è ancora svanito. “Continueremo a portare la questione nelle sedi opportune”, conclude Levis, “qui non si tratta solo di numeri: è in gioco la sopravvivenza stessa del comparto”.
IL SENATORE LUCA DE CARLO
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