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C’era una volta – come in tutte le favole serie – un ragazzino di sedici anni con i capelli un po’ lunghi molto ricci, il cuore pieno di rock e un mezzo di trasporto che oggi sarebbe vintage deluxe: un Fantic Motor Caballero del 1979, con la scritta AC/DC bella grossa. Nessun dubbio su dove stesse andando: dritto verso l’Istituto Follador, armato di convinzioni sonore granitiche e di una fede incrollabile in Angus Young, il chitarrista più elettrico della storia, visto poco prima sul grande schermo del Cinema Sociale di Agordo tra un assolo, una bombola d’ossigeno e la solita uniforme da scolaretto ribelle. E poi, su quella strada, il destino fa il suo ingresso in scena: Lucia, l’amica di Gabriella, e Michela. Ragazze con occhi da sogno e zaini pieni di amore adolescenziale, con tanto di disegno dedicato alla copertina di “Vado al
Massimo” di Vasco Rossi, edizione 1981. Roba da ridere, pensava lui: «Ma vuoi mettere gli AC/DC? Dalla terra dei canguri! Con le chitarre che fumano!». E invece, sorpresa: arriva la musicassetta. Quella con Vasco stilizzato, trafugata tra un sorriso e un’occhiata di sfida. E niente, fu amore a primo ascolto. Porca miseria, altro che “Back in Black”: qui si finisce in “Sono ancora in coma” e “Splendida giornata” con tutte le scarpe (da ginnastica sdrucide, ovviamente). Il culmine? Il fidanzamento ufficiale il 4 giugno 1983 al Palafiere di Longarone, sotto un cielo di note e luci sparate grazie alla Scoppio Spettacoli di Massimo Capraro, l’uomo che ha portato i più grandi nomi della musica italiana in provincia, e già allora visionario doc, con Vasco non ha sbagliato: tre volte in pochi anni tenendo conto anche della serata al teatro Comunale. Ma il colpo di fulmine con il Vasco di allora era scoccato l’anno prima, sempre lì, quando il palco diventava altare e il rock si trasformava in sentimento. Oggi restano i biglietti, le foto, di Gabriella, e quell’inconfondibile suono tra analogico e adolescenziale. Grazie Gabry, e grazie anche a chi ha inventato le cassette: Spotify non potrà mai competere con l’effetto di un nastro leggermente smagnetizzato e di un cuore che batte a tempo di rock e nostalgia. E poi Michela, già Vasco dipendente nel 1981, Michela, la ragazza dell’oreficeria ad Agordo, la cui vita è purtroppo finita troppo presto, lungo la 203 agordina ai Castei, quando ancora non c’era la galleria. Ai concerti mi capita spesso di ricordare quel visino da diciasettenne, per quel poco che l’ho conosciuta mi ha lasciato dentro, quel Vasco che aveva appiccicato ovunque. Ricordarla e sorridere “Vivere e sorridere. È passato tanto tempo. È un ricordo senza tempo”
- DA SINISTRA: Lucia e Gabriella con il manifesto di allora, la foto alla vigilia del concertoella
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