Da Giovanni Pietro Crosato, già storica penna del mensile Agordino Più Notizie (1996-2005) riceviamo e volentieri pubblichiamo una riflessione sulle “liti tra vicini” ,che possono degenerare in faide senza fine, ma esiste uno strumento poco conosciuto che può risolverli in modo semplice. Come funziona? Basta un esposto.
Nella prima parte, a cui rimando chi non l’avesse presente, si è data una prima infarinatura di quali siano le motivazioni per cui ancora oggi potremmo preferire una via verso questa bonaria composizione. Vi ritorneremo su queste. Occorre però, a questo punto, avere ben presente che qui stiamo trattando di Pubblica Sicurezza (d’ora in poi anche solo P.S.) e non di Polizia Giudiziaria (d’ora in poi anche solo P.G.). Non si parla quindi di quella attività degli uffici che si occupano di quanto previsto dall’articolo 55 del Codice di Procedura Penale. Qui si tratta di quel complesso di istituzioni e apparati statali che sono preposti alla tutela dell’ordine pubblico e all’incolumità delle persone. Certamente, la stessa persona può avere una qualifica di P.S. e una di P.G., ma qui tratto solo della prima. Ad esempio: un Brigadiere dei carabinieri riveste la qualifica di Ufficiale di P.G. e, allo stesso tempo, è anche quella di Agente di P.S. Si badi bene che, come chiaro anche nel caso citato del Brigadiere, si parla di qualifica e non di grado. Premesso questo, ci si potrebbe chiedere a chi potrebbe rivolgersi un cittadino per arrivare a questa bonaria composizione. Lo vedremo, ma per ora chiediamoci chi siano quegli Ufficiali di Pubblica Sicurezza a cui fa riferimento la norma. Una risposta a tale quesito è certamente importante perché tale qualifica non spetta, come s’è visto per il caso del Brigadiere dei carabinieri a tutti gli appartenenti alle Forze di Polizia! Iniziamo, a questo punto, a fare pertanto un excursus onde fare un certo ordine sulla questione. L’articolo 121 della legge 121 del 1981 recita che “agli appartenenti al ruolo dei sovrintendenti, al ruolo degli ispettori e alla qualifica più elevata del ruolo degli assistenti è attribuita la qualità di agente di pubblica sicurezza e quella di ufficiale di polizia giudiziaria. Agli appartenenti ai ruoli dirigenziali e direttivi del personale che esplica funzioni di polizia è attribuita la qualità di ufficiale di pubblica sicurezza”. Insomma, in primo luogo, spetta al personale del ruolo dei dirigenti e dei commissari della Polizia di Stato. Bisogna tener presente che, primariamente, la legge accorda specificatamente alla Polizia di Stato una chiara preferenza nell’esercizio delle funzioni di Pubblica Sicurezza. La norma dice infatti che “quando, nella esplicazione di mansioni inerenti all’esercizio di funzioni devolute dalle leggi di polizia agli ufficiali di P.S. concorrono contemporaneamente ufficiali dei [Carabinieri] e funzionari di P. S., la direzione del servizio è demandata a questi ultimi” (articolo 51 del Regio Decreto n.1169 del 1934). Quindi se c’è la Polizia di Stato ove vi trovate è in quegli uffici che ci si deve rivolgere in prima battuta in quanto, infatti, solo loro in quel caso avrebbero titolo a provvedere alla bonaria composizione dei dissidi privati. Pertanto, repetita iuvant, quando su una località c’è un posto di Polizia di Stato (ovvero la Questura o il Commissariato), sono solo loro che hanno questa funzione. Ma si sa che, per quanto riguarda ad esempio il bellunese, la Polizia di Stato non svolge un servizio diretto in tutta la Provincia, ove opera maggiormente la Benemerita. In secondo luogo, spetta anche agli Ufficiali dell’Arma dei Carabinieri che “hanno le stesse attribuzioni e prerogative degli ufficiali di pubblica sicurezza” (articoli 51 del Regio Decreto n. 1169 del 1934 e 179 del Decreto Legislativo n. 66 del 2010 “Codice dell’ordinamento militare”, il cosiddetto COM). In terzo luogo, spetta agli Ispettori Superiori e i Sostituti Commissari della Polizia di Stato, ex articolo 26 del D.P.R. n. 335 del 1982 “Ordinamento del personale della Polizia di Stato che espleta funzioni di polizia” e anche ai Luogotenenti e Marescialli maggiori dell’Arma dei Carabinieri, ex articolo 179 del citato COM. Questi, nel caso di assenza o anche di mero impedimento dei propri superiori gerarchici assumono, infatti, anche la qualifica di Ufficiale di Pubblica Sicurezza. Al citato articolo che originariamente recitava “Gli ufficiali dei carabinieri hanno la qualifica di ufficiali di pubblica sicurezza, ai sensi della normativa vigente. Agli appartenenti ai ruoli degli ispettori, dei sovrintendenti e degli appuntati e carabinieri è attribuita la qualifica di agente di pubblica sicurezza” è stato aggiunto, nel 2017, un comma recitante che “I luogotenenti e i marescialli maggiori, oltre quanto già specificato, sono sostituti ufficiali di pubblica sicurezza e sostituiscono i superiori gerarchici in caso di assenza o impedimento di questi, assumendo anche la qualifica di ufficiale di pubblica sicurezza”. A questi si devono aggiungere gli ufficiali del Corpo Forestale dello Stato (ora divenuti, escluse le Regioni a Statuto Speciale e le Provincie Autonome di TN e BZ, Carabinieri Forestali) escluso i dirigenti generali. Tuttavia, questi ultimi esercitano le funzioni dell’ufficiale di pubblica sicurezza in caso di temporanea assenza o impedimento del medesimo. In ultima analisi, ma non ovviamente per importanza, spetta al Sindaco del Comune che però risulti essere del tutto privo di un Ufficio di Pubblica Sicurezza e, cioè, dove non vi sia nessun Commissariato di Polizia (ai sensi, tra gli altri, dell’articolo 36 del Decreto Legislativo n. 267 del 2000 “Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali” e dell’articolo 1 del Regolamento del Testo Unico delle Leggi di P.S. del 1940 il quale recita “Nei comuni dove non esiste un ufficio di pubblica sicurezza, è autorità locale il Sindaco o chi ne fa le veci”). Queste sono le persone che potreste trovarvi davanti in una situazione simile e che potrebbero cercare di dirimere la questione. Ma ora resta una domanda: a chi rivolgersi? A suo tempo anche questa risposta….per ora credo che basti ed…..avanzi
FOTO SITO POLIZIA DI STATO
UNA SOLUZIONE ANTICA MA ANCORA EFFICACE”
Da Giovanni Pietro Crosato, già storica penna del mensile Agordino Più Notizie (1996-2005) riceviamo e volentieri pubblichiamo una riflessione sulle “liti tra vicini” ,che possono degenerare in faide senza fine, ma esiste uno strumento poco conosciuto che può risolverli in modo semplice. Come funziona? Basta un esposto.
Ogni giorno si sente parlare di liti tra vicini che degenerano in vere e proprie faide. Spesso si tratta di situazioni che, all’inizio, sarebbero state facilmente risolvibili, ma che nel tempo si complicano fino a diventare intricati quanto il celebre nodo gordiano. In casi del genere, servirebbe un moderno Alessandro Magno capace di recidere il problema alla radice, evitando derive pericolose come interminabili conflitti – a volte trasmessi di generazione in generazione – o, nei casi peggiori, il ricorso alle vie di fatto. Eppure, una soluzione esiste, ed è sorprendentemente semplice. Basterebbe riscoprire quanto previsto dall’articolo 1 del Regio Decreto n. 773 del 1931. Nonostante l’età della norma, essa resta perfettamente valida e affida all’Autorità di Pubblica Sicurezza il compito di “vegliare al mantenimento dell’ordine pubblico, alla sicurezza dei cittadini, alla loro incolumità e alla tutela della proprietà”, prevedendo che, “a richiesta delle parti”, l’Autorità intervenga per la bonaria composizione dei dissidi privati. Si tratta di una possibilità tuttora percorribile e molto utile, poiché affida il tentativo di conciliazione a un soggetto super partes. L’iniziativa, però, deve partire dalle parti in conflitto: non è compito dell’Autorità interessarsi spontaneamente di questioni tra privati. Presentato un esposto da una o entrambe le parti, gli ufficiali di pubblica sicurezza possono convocare i soggetti coinvolti, illustrare loro le norme applicabili e facilitare il raggiungimento di un accordo. L’incontro si conclude con un verbale che riporta gli eventuali impegni assunti, avente valore di scrittura privata autenticata. Tale documento potrà essere utilizzato anche come prova, persino in sede giudiziaria, per far valere gli accordi raggiunti. Questo strumento non solo eviterebbe l’aggravarsi dei conflitti (che talvolta sfociano in reati), ma garantirebbe anche un risparmio significativo per le parti. Verrebbero infatti evitate le lungaggini e i costi di una causa legale, con la possibilità per i contendenti di presentarsi senza assistenza di un avvocato. Infine, va sottolineato un ulteriore vantaggio: anche chi dovesse risultare “soccombente” in sede conciliativa ne trarrebbe beneficio, evitando il rischio di sanzioni civili e il peso delle spese legali.
Giovanni Pietro Crosato