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BELLUNO Studenti dell’Itis Segato a lezione di energia. Questa mattina un approfondimento è stato organizzato dal Centro Studi Bellunese in collaborazione con l’istituto tecnico, per avvicinare gli studenti a uno dei temi chiave della transizione ecologica: la gestione condivisa e intelligente dell’energia. Un approfondimento sul ruolo delle Comunità Energetiche Rinnovabili (CER) come strumento concreto per la transizione energetica del territorio bellunese. «Le CER rappresentano un modello innovativo capace di ridurre la dipendenza dai combustibili fossili, migliorare l’autoconsumo locale e creare valore economico e sociale attraverso la collaborazione tra cittadini, enti pubblici e imprese», ha sottolineato il presidente di CER Dolomiti, Antonio Barattin. Nel corso della mattinata è stata presentata la tesi di laurea che Maria Vittoria Benzon ha dedicato alla ‘Progettazione e gestione ottimizzata di Comunità Energetiche Rinnovabili di Area Vasta (CERAV)’. Le Cer, ha spiegato Benzon, costituiscono «un passo concreto verso un sistema energetico più resiliente, decentralizzato e partecipativo. Le comunità energetiche non sono solo un mezzo per produrre energia pulita, ma uno strumento di sviluppo territoriale sostenibile, capace di generare valore economico e sociale». In sintesi, la provincia di Belluno, grazie alle sue risorse rinnovabili e alla collaborazione tra enti pubblici e privati, si candida così a diventare un laboratorio avanzato della transizione ecologica italiana. Gli studenti hanno avuto poi l’opportunità di un confronto con Margherita Vascellari, delegata all’Energia di Confindustria Belluno Dolomiti e con i tecnici di Sicet, la principale azienda bellunese produttrice di energia rinnovabile da biomassa. Con esempi concreti è stato illustrato quale sia la scelta della fonte di produzione più idonea a seconda del territorio (biomassa, geotermico, fotovoltaico, idroelettrico, eolico), il processo produttivo dell’energia elettrica, le caratteristiche degli impianti e l’organizzazione dell’intera filiera che, oltre ai posti di lavoro diretti, offre opportunità per un indotto composto tra gli altri da professionisti, boscaioli, raccoglitori e trasportatori. «Dietro questo processo c’è una struttura organizzativa complessa, composta da tecnici specializzati, operatori, manutentori e personale amministrativo», ha ricordato Vascellari. «Ogni fase, dal controllo della caldaia alla gestione dei flussi di biomassa, richiede competenze specifiche e un’attenta supervisione per garantire sicurezza, efficienza e continuità del servizio». I giovani tecnici di Sicet, Giulia Bridda e Daniele De Menego, hanno illustrato il funzionamento delle centrali a biomassa, alimentate da una filiera corta che parte dal territorio: cippato, trucioli, ramaglie, gusci e refili di legno vengono raccolti e trasportati. Da sottolineare inoltre il recupero del legno ammalorato dal bostrico sempre più invasivo. Il materiale viene stoccato e ridotto a una dimensione adeguata prima della combustione. Il calore prodotto riscalda l’acqua che, trasformandosi in vapore, muove una turbina collegata a un generatore di energia elettrica. I fumi vengono filtrati e le ceneri residue trovano nuovo impiego come fertilizzante agricolo o materiale da costruzione che quindi riduce la necessità di ricorrere a risorse vergini. La produzione di energie rinnovabili nel Bellunese rappresenta una prospettiva per lo sviluppo del territorio e un’opportunità professionale concreta per giovani tecnici. «Nel prossimo futuro», ha chiuso Vascellari, «dovranno saper lavorare con strumenti innovativi come l’intelligenza artificiale che stiamo adottando nella gestione degli impianti e nella soluzione delle problematiche collegate».
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