IL MESE PERFETTO
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“…ad ottobre è ancora più bello ritornare al paese…”
Ombre sempre più lunghe accolgono il mio ritorno ai piedi del Pelsa in quei quattro venerdì pomeriggio del mese perfetto. Una mezz’ora o poco più di traffico, auto frettolose che imboccano le strade che attraversano le due valli e poi, dopo il battere dei sei rintocchi, il silenzio. Parcheggi vuoti, fumo dai camini e aria che si fa pungente man mano che nasce la sera; Ottobre è il tempo della tranquillità degli uomini e dell’ultimo fervore dei boschi, è mese quieto che sa di mele e mosto, è mese del primo vero fuoco che riscalda anime e mura. Non possiede la grigia severità di novembre, il mese triste che accompagna per mano incontro all’inverno, non ha certi rigurgiti d’estate propri del mese gentile che lo precede. Ottobre ha un’anima tranquilla ma non statica, non è colorato di quel verde estivo e potente e apparentemente immutabile dei boschi, non ha nemmeno quei silenzi impenetrabili del profondo inverno, quando il tempo sembra fermo e la natura tace avvinta dal gelo e addormentata sotto la bianca coperta di neve. Il mese perfetto è mutevole e offre un crescendo di colori e cieli tersi e cime talvolta imbiancate. Lassù, a buio fatto, la si respira la quiete di certe sere che profumano d’autunno; nelle notti senza luna, le montagne sono profili neri appena accennati e tutto è già pronto per l’inverno che verrà. C’è la legna accastata in ordine sotto i palanzin, ci sono le fontane che cantano una musica gentile e le campane che battono rintocchi che risuonano tranquilli “su par chele vile”. I tabià sono assopiti in un sonno leggero mentre i cervi errabondi nei boschi bui, annunciano a quel mondo immerso nella notte la loro voglia d’amore; è il tempo dei potenti bramiti delle notti fresche e del fuoco amico che arde nelle stufe. Di giorno, invece, è il canto di motoseghe lontane a scandire quelle ore che trascorrono lente. È un suono che sa di casa, che non infastidisce, è un suono che sa di montagna come quello ritmato e argentino dei cunei battuti dalla mazza. I colpi potenti e precisi riecheggiano nitidi fra le montagne, e pure questo è un suono che sa d’autunno e di faticosa vita di montagna. Talvolta capita che arrivi la pioggia a rompere l’incanto tranquillo di quei giorni che passano lenti, e allora ecco che i colori vivaci dei boschi si mescolano a quel grigiore di nuvole umide e pesanti mentre lassù, sulle cime avvolte da quello scuro mantello di nubi, si agita il fantasma dell’inverno che verrà. A volte succede, specialmente verso la fine del mese, che gli uomini si ritrovino ad osservare con sguardi preoccupati i torrenti. A novembre vicino è tempo di piene e in quei giorni è il fragore d’acqua severa e marrone a prendersi la scena e a occupare i pensieri, riportando memorie lontane di cinque anni appena. Poi, quando il maltempo decide di terminare, ritorna quel cielo limpido proprio del mese perfetto e si inizia a vivere il vero e profondo autunno, quello delle brinate mattutine e del vento freddo che a sera fatta spira lungo le valli. Al tempo del suo congedo è frusciare di mazzi di crisantemi che andranno ad ornare le tombe di quelli che c’erano prima; anche per il mese perfetto è tempo di passare la mano e di trasformarsi in ricordo. Novembre si presenterà severo con le fiammelle stanche ad illuminare i cimiteri tirati a lucido, poi sarà un camminare lento incontro all’ennesimo e silenzioso inverno.
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