********
IL CORAGGIO DI RESTARE
AUDIO
Quando l’acqua aveva terminato di gocciolare dal rubinetto si era tolta i guanti di gomma e il grembiule e si era recata alla finestra. Aldilà dei vetri c’era una primavera affaticata, la strada deserta e la sera che iniziava a nascere. Mentre il vento che muoveva la siepe stava asciugando l’asfalto bagnato dall’ennesima pioggia del pomeriggio, le era venuta voglia di uscire. Una breve passeggiata, per vivere la quiete della sera che lentamente si trasformava in notte, due passi per ammirare le montagne che attendevano di essere accarezzate dalla luce della Luna. Appena uscita, aveva trovato il fresco di un maggio con il fuoco nelle stufe e l’ultima lingua di neve morta sulla pista da sci che scendeva dal versante del monte aldilà del torrente. Il grande piazzale sottostante era deserto, e osservando quella neve che si stava lasciando morire ricordava il lungo inverno degli oltre 1400 metri di quota. Quello appena vissuto era stato un inverno tutto sommato morbido e piuttosto avaro di neve, niente a che vedere con gli inverni gelidi dei tempi della sua infanzia. Pensava alle lunghe notti di gennaio, vissute in compagnia del monotono ronzio dei cannoni da neve e dello sciabolare dei fari dei gatti battipista, rifletteva sulla sua vita di lassù. I due alberghi erano chiusi ed erano pochi i camini che fumavano in quella serata di un maggio che sembrava metà marzo. Si era avviata lentamente lungo la strada in direzione del tramonto ormai sfumato, e mentre stava camminando aveva osservato le case, molte con gli scuri chiusi. Ricordava i visi e i nomi di quelle persone che un tempo abitavano in quelle case. Alcuni erano a riposare da tempo al cimitero, altri avevano lasciato la valle e non avevano mai più fatto ritorno. Qualcuno, invece, ritornava d’estate, ridando vita almeno per un pò a quelle mura silenti. E poi c’era lei, che ora stava imboccando la ripida salita che conduce alla chiesa. Mentre la strada si faceva erta pensava a quante volte aveva pensato di partire, di lasciare il paese per andare a vivere a valle, magari ad un paio di paesi di distanza. Oppure in città, o addirittura fuori regione o all’estero. Lasciare certi silenzi di lassù e vivere la frenesia di una città e, forse, non tornare mai più per non dover ritrovare i ricordi più cari. Tante volte aveva fantasticato, e poi aveva pensato a quelli che se n’erano andati sul serio. Qualcuno, in passato, era partito per scelta, a cuor leggero, altri invece per fame e con le lacrime agli occhi. Aveva pensato alla nostalgia che provava ogni giorno quella gente che aveva dovuto dire addio ai monti. Pensava al coraggio che avevano avuto al momento di andare, ed anche al suo coraggio di restare in quella terra ricca di quiete e di neve e ormai povera di abitanti e servizi essenziali. Pensava al futuro del paese, a quanti sarebbero ancora rimasti lassù dove le stufe riposano solamente a giugno e luglio. Poi aveva fermato il suo camminare, si era voltata verso oriente e aveva guardato il Pelmo ora avvolto da nuvole leggere che si stavano diradando. Sul suo viso era apparso un lieve sorriso, in fondo era rimasta anche per quelle rocce che al tramonto si incendiavano. Lassù al paese non c’era il cinema e nemmeno un discount e l’ospedale era distante trenta chilometri. Però c’era la dolcezza della breve estate d’alta quota, il profumo del fieno appena tagliato a fine giugno, c’era la commozione che provava quando i larici si coloravano d’oro. Non era un vivere semplice, ma era il suo vivere, e fin quando le forze l’avrebbero sorretta sarebbe rimasta lì, dove il sole a dicembre non arrivava a riscaldare la terra gelata. Poi, chissà. Il fuoco nella stufa aveva atteso il suo ritorno senza morire e poi le aveva fatto compagnia durante quella tranquilla sera di una primavera che lassù, ai primi di maggio, era appena nata.
***********