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SETTE ESTATI LASSU’
AUDIO
Quella mattina di mezza estate si era presentata perfettamente limpida e piuttosto calda, non c’era nemmeno una nuvola in quel cielo agordino colorato di un azzurro carico. Ci eravamo alzati presto, prima dello spuntare del sole sopra il Pelsa, avevamo fatto colazione con calma e poi ci eravamo preparati per la nostra gita di giornata. Mamma aveva indossato una giacca verde ed io, nonostante la temperatura estiva, una tuta bianca. Lasù sarà fresco, le meio se vestì en cin, aveva detto mentre papà chiudeva la porta di casa. Poco dopo la Ritmo faceva rotta verso San Tomaso per recuperare il nonno che ci avrebbe fatto compagnia durante quella serena mattina. Saremmo saliti a Passo Valparola e poi scesi in Val Badia, la valle che aveva accolto il nonno quando aveva appena sette anni ed era stato mandato lì a pascolare le vacche. Il nonno era già pronto e per l’occasione aveva indossato la giacca buona ed era contento di venire con noi in gita in quei luoghi a lui cari. L’acqua del lago di Alleghe era calma e colorata di un verde cupo e, prima di entrare a Caprile, papà aveva messo la freccia a destra dicendo al nonno Ve mene a vede el cantier dela strada dela Val Fiorentina. La strada ancora sterrata faceva sobbalzare la Ritmo e pochi minuti dopo eravamo nei pressi della prima delle due gallerie in costruzione. Il nonno aveva guardato con interesse i grandi consolidamenti necessari per mettere in sicurezza la parete rocciosa soprastante e chissà, forse mentre stava osservando i compressori e gli escavatori quel giorno a riposo, aveva pensato al suo duro lavoro di minatore nella lunga galleria dell’ENEL scavata nel ventre del Pelsa. Qualche minuto più tardi la Ritmo iniziava il suo inerpicarsi lungo le rampe che conducono a Passo Falzarego. Papà saliva deciso e mentre affrontava i tornanti diceva Quante ote che ai fat sta strada. E si notava chiaramente che conosceva a memoria questa strada affascinante e impegnativa. Alla sommità del Falzarego abbiamo svoltato a sinistra inoltrandoci in un luogo a me ancora ignoto. Ora la salita era davvero ripida ma poi, appena scollinato, davanti a noi si era aperto un lungo rettilineo in leggera discesa. La strada correva diritta fra grossi macigni bianchi e chiazze di erba d’alta quota passando accanto al severo forte austriaco. Ci siamo fermati poco dopo il forte, in una piazzola di ghiaia bianca e poi, appena scesi dall’auto, papà ha scattato una foto. Io in piedi su un sasso fra la mamma e il nonno, e sullo sfondo la possente muraglia del Cunturines. Il sole pizzicava la pelle e c’era un vento fresco e leggero che increspava l’acqua del laghetto. Mentre stavamo ammirando quei grandiosi panorami papà raccontava le sue sette estati vissute lassù, al tempo in cui venne costruita l’attuale strada. Erano gli anni ‘70, ma quando salirono per la prima volta sembrava appena finita la Grande Guerra. C’erano baracche e buche create dalle bombe, reticolati e granate che talvolta apparivano sui prati bagnati dalla neve che si stava sciogliendo. Poi in quel narrare c’era il vecchio tracciato che correva sotto il Sass de Stria, i 550 metri del nuovo e lungo rettilineo, i raggi di curvatura di quei tornanti che conducono in Val Badia e che avrei percorso pochi minuti dopo. Papà mi indicava le montagne attorno chiamandole con il loro nome, c’era perfino il nostro Pelsa in quella lista che sembrava infinita. Le sue parole raccontavano del sole di luglio che bruciava la pelle, del vento che spesso sferzava il passo, delle mutande lunghe necessarie a ottobre, quando il gelo bloccava il cantiere ed era ora di sbaraccare. E poi ancora una nevicata di fine agosto e il commovente ricordo dei resti di soldati rimasti lassù dove le rocce sfiorano il cielo. Era bello ascoltare, era bello ammirare quei limpidi panorami d’alta quota. Mezz’ora più tardi eravamo a San Cassiano a comprare le puce e poi via, verso Corvara e il Campolongo. Al suonare potente della campana grande che annunciava il mezzogiorno eravamo nuovamente ai piedi del Pelsa a vivere la nostra estate, e la gita in Val Badia era già ricordo da ricordare per sempre.
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