********
29 OTTOBRE 2018
AUDIO
Una umidità cattiva e appiccicosa l’aveva accolto alle nove del mattino mentre attraversava la strada che divide i due stabilimenti. Cielo plumbeo, vento bagnato a raffiche e pioggia pesante che scendeva di traverso. Era entrato di corsa all’interno del capannone rossiccio, scrollandosi dalla giacca a vento quell’acqua di fine ottobre. Poi aveva salito le due rampe di scale ed era entrato nel grande reparto di finissaggio. Brusio consueto dei macchinari, luce fredda dei neon e circa trecento persone indaffarate nel lavoro di tutti i giorni. La collega, quando l’aveva visto arrivare alla propria postazione, si era tolta le cuffiette e ancor prima di spiegare il problema che affliggeva la macchina che stava utilizzando, gli chiese che tempo c’era fuori. Lui, mentre sfilava il mazzo di chiavi a brugola dalla borsa degli attrezzi, le aveva risposto Tempo pessimo. Mentre lui regolava il tampone della timbratrice lei lo guardava con lo sguardo preoccupato. Ho sentito per radio che c’è preoccupazione, timore per una possibile alluvione, gli disse. Hai visto com’era grosso il Piave stamattina. Eh sì, rispose lui tentando di mantenere un’aria tranquilla. Fuori il cielo è nero e non promette nulla di buono per oggi pomeriggio. Credi che oggi andremo a casa prima? Chiese lei con gli occhi che desideravano una risposta affermativa. Lui si guardò intorno e mentre stringeva l’ultima vite aveva risposto Sì, andremo via prima, ma tieni per te questa notizia. A breve saprete, se sei con la tua macchina vai direttamente a casa, nel pomeriggio ci sarà casino. Nel frattempo alcuni responsabili giravano per il reparto con i visi tesi, e non per problemi inerenti al lavoro. Poco dopo, alcuni di loro avevano radunato le proprie maestranze spiegando ciò che lui già sapeva da oltre un’ora. Alle 12.30 tutti a casa, questo era il messaggio perentorio che faceva ben capire la delicatezza del momento. Qualcuno si sentiva sollevato da quella decisione, altri guardavano l’orologio preoccupati, altri ancora mugugnavano per le ore di permesso secondo loro sprecate. Ci avevano pensato i tuoni, che in quei minuti avevano fatto vibrare i muri dello stabilimento, a far cambiare idea riguardo alle ore di permesso sprecate. All’esterno, il fragore del Piave che scorre a poche centinaia di metri dalle fabbriche, era aumentato. Era un ringhio cupo, pesante e cattivo, e l’umidità nell’aria era opprimente. Vento tiepido e temporale in corso, e la sensazione crescente di trovarsi dentro un evento chiamato alluvione. Eppure ne aveva vissute parecchie di brentane, però mai così potenti da mettere a rischio la zona industriale. Nel suo reparto aveva trovato subbuglio. Il capo era stato perentorio nell’annunciare il tutti a casa alle 12.30 in punto. L’aggiornamento delle previsioni chiamava disastro e qualcuno automunito preferì partire immediatamente verso la propria abitazione. Chi invece doveva attendere i pullman guardava nervosamente l’orologio, chiedeva informazioni riguardanti la viabilità e commentava quel cielo sempre più nero che si intravedeva attraverso i lucernari. Alle 12.30 le maestranze si erano dirette verso il grande parcheggio nel quale si trovavano i pullman con i motori in moto. Il vento umido piegava gli ombrelli e qualcuno, che abitava lontano, aveva il timore di non riuscire a raggiungere i propri cari. Lui era stato tra gli ultimi a lasciare il parcheggio e lungo la strada aveva guidato piano. La pioggia era pesante e dal Piave ormai furibondo si alzava una nebbia marrone che mai aveva visto in passato. Mezz’ora dopo era finalmente a casa, dove aveva atteso quegli eventi che in poche ore avrebbero cambiato il destino di uomini paesi e montagne.






