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l’avvocato Ivan Borsato, già consulente legale della Consigliera Provinciale di Parità e da un ventennio impegnato come giuslavorista nel foro bellunese, esordisce così nel presentare il caso che lo ha visto direttamente impegnato professionalmente e che interessa la SeAm – Servizi Ampezzo Unipersonale – e Cortina Marketing, il “braccio operativo” del Comune ampezzano nella promozione turistica.
CORTINA
A Cortina d’Ampezzo, una lavoratrice madre dipendente di Cortina Marketing – società interamente partecipata dal Comune – si è trovata costretta a scegliere tra famiglia e lavoro. Assunta dopo un bando pubblico, “Lisa” (nome di fantasia) ha affrontato la seconda gravidanza senza il supporto dell’azienda, che ha concesso lo smart working solo su pressione del medico del lavoro e in modo temporaneo. Al termine della maternità, l’azienda le ha negato il lavoro da remoto e ha fatto pressioni per il rientro in presenza, ignorando le esigenze familiari. Nonostante il coinvolgimento della Consigliera di parità provinciale e dell’Ispettorato del Lavoro, l’azienda ha rifiutato qualsiasi accordo, sostenendo che concedere il lavoro agile a Lisa sarebbe discriminatorio verso gli altri dipendenti come se tutti gli altri dipendenti si trovassero nelle stesse condizioni di Lisa: madre di prole minorenne e residente a 70 km dal luogo di lavoro. La lavoratrice, con il supporto dell’avvocato Ivan Borsato, ha denunciato il caso per sensibilizzare sul tema della conciliazione vita-lavoro, evidenziando la mancanza di tutela nei confronti delle madri lavoratrici, specialmente in una realtà pubblica. Il caso è diventato simbolo di una problematica più ampia: nel 2025 troppe donne sono ancora costrette a scegliere tra lavoro e famiglia. “Abbiamo fomalizzato noi una proposta di accordo che prevedeva, per i prossimi mesi, una formula mista – spiega l’avvocato – tre giorni settimanali di lavoro da casa e due in sede a Cortina; questo a dimostrazione del fatto che il primo interesse di Lisa è sempre stato ed è quello di tornare a svolgere il proprio lavoro, per la quale è stata selezionata da quella stessa azienda che oggi invece di fatto la penalizza”.
In questi mesi si sono susseguiti altri due incontri, ai quali ha presenziato anche l’Ispettorato del Lavoro, senza alcun esito: l’azienda si è letteralmente barricata dietro le parole della propria legale («collegata da remoto, e qui l’ennesima beffa», rimarca l’avvocato Borsato), ribadendo che per loro non c’è alcun margine di discussione.
L’avvocato Borsato conclude con amarezza: Lisa, pur consapevole delle conseguenze, ha scelto di rendere pubblica la vicenda per denunciare una realtà ancora troppo diffusa, in cui le madri sono costrette a scegliere tra lavoro e famiglia. Non si tratta più solo di difendere un posto di lavoro, ma di combattere per i diritti di tutte le lavoratrici, affinché cresca la sensibilità sul tema della conciliazione vita-lavoro.