Gli ultimi dati disponibili ci dicono che le Pmi venete sono poco meno di 412.800, pari al 99,9 per cento del totale e danno lavoro a 1,4 milioni di addetti, vale a dire il 78 per cento del totale regionale. Il confronto con le grandi imprese mette in evidenza l’ ”inconsistenza” numerica di queste ultime. Sempre nello stesso anno, le aziende di grandi dimensioni presenti nella nostra regione ammontano a 413 unità (lo 0,1 per cento del totale), anche se occupano quasi 400mila addetti (il 22 per cento del totale). In termini di fatturato, invece, le Pmi generano quasi i 2/3 del totale regionale e praticamente la stessa quota di valore aggiunto. Per contro, le grandi imprese fatturano “solo” 1/3 del dato regionale e sempre 1/3 anche del valore aggiunto prodotto in Veneto.
Non abbiamo più le grandi imprese. La storia di Porto Marghera è la cartina di tornasole di questo fenomeno
Nonostante le nostre PMI rappresentino sia in Veneto che in Italia un punto di riferimento anche in Europa, il nostro sistema produttivo registra ancora numerose criticità. Spesso queste imprese risultano sottocapitalizzate e con limitata liquidità, incontrando difficoltà nell’accesso al mercato dei capitali e mostrando scarsa propensione a instaurare collaborazioni con il mondo della ricerca e dell’università. Tuttavia, riteniamo che la problematica più rilevante che affligge l’intero sistema produttivo anche regionale sia la carenza di grandi aziende, una situazione sconosciuta fino a circa quarant’anni fa. Sino alla prima metà degli anni ’80 del secolo scorso, infatti, l’Italia si posizionava tra i leader europei e talvolta mondiali nei settori della chimica, della plastica, della gomma, della siderurgia, dell’alluminio, dell’informatica, dell’auto e della farmaceutica, grazie al ruolo e al peso giocato da molte grandi imprese sia pubbliche che private (Montedison, Montefibre, Moplen, Pirelli, Fiat, Italsider, Alumix, Olivetti, Stet, Angelini, etc.). La storia di Porto Marghera è la cartina di tornasole in grado di spiegare meglio di ogni altra cosa l’ascesa e il declino di molti di questi grandi gruppi industriali che per decenni hanno operato anche nel territorio veneziano.
Tangentopoli, privatizzazioni e globalizzazione le hanno sciolte come neve al sole
Oggi, a distanza di quattro decenni, abbiamo perso terreno e leadership in quasi tutti questi comparti; un declino non imputabile al caso o a eventi fortuiti, ma riconducibile a una selezione naturale operata dal mercato. È indiscutibile che lo scandalo di Tangentopoli abbia rappresentato un significativo punto di svolta; inoltre, gli effetti geo-politici derivanti dalla caduta del Muro di Berlino, dalle privatizzazioni avvenute nel nostro Paese nei primi anni ’90 e dalla globalizzazione “scoppiata” all’inizio di questo secolo, hanno contribuito a escludere dal mercato o a determinare profonde ristrutturazioni tutte le grandi aziende menzionate precedentemente, molte delle quali erano controllate dallo Stato.
E’ grazie alle Pmi che siamo nel G20
Ogni qual volta si critica il nostro Paese per i bassi livelli retributivi, la scarsa produttività, la poca propensione alla ricerca e all’innovazione, la responsabilità ricade sul fatto che in Italia abbiamo troppe Pmi. In realtà, le cose stanno diversamente. A nostro avviso, i punti di debolezza appena richiamati sono in larga parte ascrivibili a una specificità che i nostri competitor non presentano. In Italia non abbiamo le grandi imprese. O meglio, non le abbiamo più, visto che fino alla fine degli anni ’80 del secolo scorso potevamo contare su dei player che nei rispettivi settori produttivi in cui operavano, giocavano alla pari con i migliori concorrenti di tutto il mondo. Ora, se siamo ancora nel G20, ovvero nel forum dei paesi più industrializzati del mondo, lo dobbiamo all’efficienza della nostra Pubblica Amministrazione, alle pochissime grandi imprese rimaste o allo straordinario lavoro svolto dalle nostre Pmi? Crediamo che nessuno possa contraddirci: lo dobbiamo ai tantissimi piccoli e piccolissimi imprenditori e alle loro maestranze che, soprattutto in Veneto, grazie alla capacità di combinare qualità, buon gusto, artigianalità e design, realizzano dei prodotti che sono caratterizzati da una forte identità che evoca emozioni e fiducia nei consumatori di tutto il mondo.
Nel Sud le Pmi sono uno straordinario serbatoio occupazionale
Come abbiamo avuto modo di segnalare all’inizio di questa analisi, le nostre Pmi sono uno straordinario serbatoio occupazionale, in particolar modo nel Mezzogiorno (vedi Tab. 1) che è la ripartizione geografica del Paese che, a differenza delle altre, dispone di poche grandi imprese, quasi nessuna multinazionale e un numero contenutissimo di grandi banche e di assicurazioni. Come dicevamo più sopra, in Veneto su oltre 1,8 milioni di lavoratori dipendenti, 1,4 lavora nelle nostre Pmi. Rovigo presenta la quota più elevata di lavoratori occupati nelle Pmi sul totale provinciale (92,8 per cento). Seguono Treviso con il 83,6 per cento, Vicenza con il 79,5, Padova con il 79,2, Belluno con il 76,9, Venezia con il 73,3 e Verona con il 72,3 (vedi Tab. 2).






