di Luisa Alchini
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Ascoltando gli interventi dei sindaci agordini che hanno incontrato il Ministro Luigi Di Maio si può comprendere quale sia stata la reale portata dell’evento metereologico di fine ottobre che ha procurato effetti disastrosi nelle zone colpite. Da novembre tutto è cambiato, l’indomani la terra agordina evocava scenari irreali da “the day after”. C’è stato un dopo immediato, encomiabile nella gestione dell’emergenza, un dispiegamento di forze straordinario che forse solo nel bellunese, terra difficile, può concretizzarsi, ovviamente grazie al contributo di volontari giunti da tutta Italia; la vicinanza delle istituzioni a livello regionale e nazionale si è fatta sentire, forte e chiara. C’è un oggi, un domani che disorientano, non è rincuorante pensare che il “caos” quale processo catastrofico possa portare a nuovo ordine complesso? Lo enunciava la fisica di fine ottocento e sembra che il ciclo inesorabile della natura prosegua il suo cammino ignorando la legge degli uomini, per dare e riprendere ciò che appunto per natura è e deve essere. Qual è quindi il ruolo dell’uomo in tutto ciò? Il “montanaro” puro ha imparato a convivere in terra agordina, rispettandola, ha compreso le leggi della natura e le ha anteposte a quelle degli uomini, ma oggi quanto rimane di quel montanaro autoctono? Forse qualche sparuto rappresentante qua e là silente, dimesso e resiliente. Chi è oggi l’agordino? Ce lo siamo mai chiesti? L’abile operaio del colosso dell’occhiale? Un operatore turistico che arranca a pareggiarsi al vicino collega trentino? E’ proprio interrogandoci in questo modo che potremmo avere la consapevolezza e quindi la libertà di capire dove vogliamo andare e come. Ho notato in tutti gli amministratori locali una forza ed una caparbietà uniche, uomini e donne che hanno come principale modus operandi il “mettersi a disposizione della comunità”, ogni giorno compiono un lavoro straordinario, perché amministrare un piccolo paese di montagna non è compito facile, figuriamoci oggi! La sensazione che ho provato nell’ascoltarli, oltre a una profonda stima e riconoscenza, è che siano soli, ma attenzione, non perché abbandonati dalle istituzioni, anzi, la visita del Ministro di Maio è una delle prove che lo Stato c’è, soli in quanto poco supportati dai cittadini, noi cittadini che se c’è da pretendere, rivendicare diritti siamo i primi a bussare la porta del Sindaco, ma noi per il nostro Sindaco e per la nostra comunità come ci adopriamo? Basterebbe solo che sapessimo chiaramente dimostrare cosa intendiamo fare della nostra terra. Quando arriveranno i contributi potremmo avere ottimi amministratori a gestirli ma se la popolazione non indirizza il nuovo agordino del dopo 29 ottobre 2018, il sacrificio dei nostri alberi stramazzati al suolo sarà invano. La specificità bellunese per la quale il compianto Sergio Reolon ha tanto combattuto dov’è? L’autonomia della nostra provincia sarà mai concretizzata? E poi comunque se avverrà sapremo gestirla con l’abilità e la competenza delle altre province dell’area alpina, area alla quale abbiamo rinunciato a guerra finita? Lo spartiacque di fine ottobre ha avuto il “merito” di portare alla luce la cruda realtà che a vivere in montagna ci vuole coraggio, che non ci si può distrarre fra un’alluvione e l’altra, che serve una seria programmazione del territorio, ma è necessario l’impegno di tutti, ho sentito un sindaco auspicare il ritorno all’attività agricola dopo che l’avanzata boschiva è stata imponente, mi chiedo chi sarà disposto a lasciare il comodo posto di lavoro in fabbrica per dedicarvisi? Il futuro chiede un impegno serio e costante, un piano progettuale complesso guidato da una governance dei Sindaci, servono competenze e non dimentichiamo che servono “brassi par tirar su i tronchi” come ha avuto modo di dire il Governatore Zaia, braccia che se non si troveranno in loco perché fortunatamente già impegnate in altri contesti lavorativi, dovranno per forza arrivare da fuori.