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BORGO VALBELLUNA Un pubblico numeroso e attento ha riempito l’ex chiesa di San Pietro, a Mel, lo scorso 17 ottobre. L’occasione era di quelle che lasciano un segno: l’incontro con Massimiliano Frassi, fondatore e referente dell’Associazione Prometeo, realtà nazionale impegnata da oltre vent’anni nella tutela delle vittime di abusi e nella lotta alla pedofilia. L’evento, dal titolo “Pedofilia: conoscerla per combatterla”, organizzato dall’Associazione Dafne con il patrocinio del Comune di Borgo Valbelluna, ha offerto una serata di alta intensità emotiva e civile. Frassi, anche conosciuto come “il cacciatore di pedofili”, ha guidato i presenti in un percorso di consapevolezza che non ha lasciato spazio all’indifferenza. “La conoscenza è il primo passo verso il cambiamento, ma il vero problema oggi è la mancata presa in carico. Pensiamo che la pedofilia sia lontana, e invece è vicina, spesso dentro le nostre case, nelle nostre comunità”. Attraverso storie reali e testimonianze raccolte in anni di impegno sul campo, Frassi ha smontato uno dopo l’altro i più pericolosi stereotipi. “Il pedofilo non è quasi mai lo sconosciuto che si aggira nei parchi o l’esibizionista, ma troppo spesso una persona di fiducia: un familiare, un insegnante, un allenatore, un educatore. L’abuso si consuma nel silenzio, protetto da un legame affettivo e da una manipolazione emotiva che rendono difficile la denuncia e il riconoscimento. Ecco perchè farsi domande, notare stranezze e ambiguità diventa fondamentale.”. Ha poi aggiunto con lucidità disarmante: “Smettiamola di descrivere il pedofilo come un orco. È una persona a cui affidereste quasi ciecamente un bambino, perché briosa, empatica, amabile e sorridente. Ti assomiglia, è per questo che non si vede il pericolo. E’ una maschera, ma proprio per questo è ancora più pericolosa”. Dietro ogni caso, spesso, si cela una rete di omissioni e incredulità: la paura della vittima, la vergogna, la colpa, ma anche la cecità degli adulti. “La pedofilia è una violenza profonda – ha sottolineato Frassi – diversa da quella esercitata da uno sconosciuto, perché nasce dentro una relazione di fiducia.” Parlare diventa quindi un atto rivoluzionario. “Nella mia esperienza, la vittima di cui ho accolto la storia di abuso più piccola aveva quattro mesi, la più anziana ottantasei anni. Questo ci dice che la violenza subita può restare sepolta per una vita intera, ma non smette di condizionarla. L’unico antidoto è la conoscenza, la parola, la prevenzione.” Le sue riflessioni hanno assunto un peso ancora maggiore nel contesto politico attuale. Pochi giorni prima dell’incontro, la Commissione Cultura della Camera aveva approvato un emendamento che vieta l’educazione sessuale e affettiva nelle scuole primarie e secondarie di primo grado, limitandola agli istituti superiori e, anche in questi, solo con l’autorizzazione scritta dei genitori. Una decisione che, inevitabilmente, entra in collisione con l’appello alla consapevolezza lanciato da Frassi. Su questo punto è intervenuto anche Walter Marcer, psicologo e volontario di Associazione Dafne: “Se la scuola non dà risposta a domande che i bambini già si pongono, toccherà a famiglie e comunità farlo. Servono spazi extrascolastici, laboratori, momenti di confronto. Come Dafne lavoriamo su tutte le fasce d’età, anche con i genitori. È fondamentale non perdere il focus su questi temi.” Dietro l’impegno dell’Associazione Dafne c’è una ferita locale già raccontata e che ancora fa riflettere: il caso del maestro abusante di Trichiana, che scosse il territorio e lasciò un silenzio pesante sulle vittime, circa 40. “Tutti sapevano, ma nulla emerse finché alcune bambine non trovarono la forza di parlarsi e denunciare. Serve un lavoro culturale profondo, fatto di ascolto e disponibilità a capire” ha ricordato. “Come associazione seguiamo e supportiamo oggi quattro casi: pochi, ma significativi, perché dietro ciascuno c’è una vita segnata.L’adulto abusante non si riconosce facilmente: per questo dobbiamo costruire cultura, dare strumenti e fiducia ai bambini, affinché sappiano riconoscere i segnali d’allarme e chiedere aiuto.Togliere questo tipo di educazione alle scuole, che sono luogo di crescita, significa auspicare il contrario.” La serata si è chiusa con un sentimento condiviso di responsabilità collettiva. Perché, come ha concluso Frassi, “solo una comunità consapevole può davvero proteggere”. Nei prossimi mesi, nuovi incontri e serate di approfondimento sono previsti in diversi comuni bellunesi. Tutte le informazioni sono disponibili sul sito e sui social dell’Associazione Dafne, che – ci piace sottolinearlo – in collaborazione con Radio Più ha anche lanciato il podcast “Voci Ribelli”.
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