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REDAZIONE Il Lago di Braies è diventato uno dei luoghi più iconici delle Dolomiti, complice la fiction televisiva Un passo dal cielo. Le riprese hanno acceso i riflettori su un sito già facilmente raggiungibile, e i social hanno fatto il resto: foto virali, video condivisi a milioni e un flusso turistico crescente. Un circolo vizioso ormai noto: una produzione televisiva rende famoso un luogo, i social ne amplificano l’eco, l’eccesso di presenze alimenta ancora di più la popolarità, fino a rendere necessarie chiusure o restrizioni. La colpa viene attribuita all’“overtourism”, ma è davvero così? Secondo il Comitato per la salvaguardia dei passi dolomitici, il problema non nasce dal nulla: “C’è una causa e un effetto evidente – sostiene il portavoce Osvaldo Finazzer – ma manca l’assunzione di responsabilità. Chi ha scelto quelle location per fiction e promozioni conosceva l’impatto potenziale.” Un fenomeno analogo riguarda il riconoscimento Dolomiti Patrimonio Mondiale UNESCO. L’iscrizione ha dato una visibilità planetaria, ma spesso ridotta alla sola immagine da cartolina: panorami spettacolari catturati con lo smartphone e condivisi sui social. Un turismo mordi-e-fuggi, poco interessato alla cultura locale e ai servizi del territorio. “Anche in questo caso – prosegue Finazzer – il meccanismo è lo stesso: l’UNESCO amplifica la fama di luoghi accessibili, i social accelerano, l’eccesso di turismo porta a limitazioni e chiusure. Una strategia miope, che non costruisce un turismo di qualità.” La critica non riguarda solo le Dolomiti: Costiera Amalfitana e Cinque Terre vivono dinamiche simili, con flussi ingestibili e restrizioni alla circolazione. Luoghi trasformati in vittime della propria immagine. Il Comitato lancia quindi una provocazione: “Vogliamo continuare a vendere la cartolina, o vogliamo un turismo che si fermi sul territorio, percorra i sentieri, scopra identità e cultura? Le due cose, nei fatti, non convivono. Forse è il momento di rinunciare al riconoscimento UNESCO e tornare a investire su servizi e ospitalità di qualità.” Un’idea radicale, che apre un dibattito scomodo ma necessario: il turismo delle Dolomiti può ancora scegliere tra popolarità globale e sostenibilità reale.
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