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DI ALESSIA DALL’O’
BELLUNO In occasione del 25 novembre, centinaia di persone hanno attraversato le vie del centro di Belluno partecipando alla passeggiata arrabbiata organizzata dal collettivo Non una di meno Belluno. Arrabbiata perché il messaggio è chiaro: basta violenza contro le donne. Un serpentone compatto e determinato ha riempito il cuore della città. Durante il percorso non sono mancati momenti di riflessione e condivisione, in cui si è data voce a esperienze, paure, richieste e speranze. Un modo per trasformare la rabbia in presenza politica e collettiva, per dire che la violenza non è un fatto privato, ma una responsabilità sociale.
LE PAROLE DEL COLLETTIVO
Nel corso dell’iniziativa, sono state rilanciate le parole di Non una di meno Belluno, che ha ricordato il significato della ricorrenza del 25 novembre – Giornata Internazionale per l’eliminazione della violenza maschile contro le donne: “Il 25 novembre è la Giornata Internazionale per l’eliminazione della violenza maschile contro le donne. Ad oggi, come ogni anno, il conto tragico delle morti è arrivato a 76 femminicidi, a cui vanno ad aggiungersi 6 suicidi indotti la cui causa accertata è la violenza di genere. È macabro, ed è solo, lo sappiamo e lo ripetiamo fino alla nausea, l’esito più palese e ineluttabile di un fenomeno enorme: quello della cultura della violenza che respiriamo tutti i giorni e del patriarcato da cui trae linfa e sostentamento.” Il collettivo ha spiegato come la mobilitazione nasca anche da dinamiche territoriali: Belluno, come ogni luogo, non è immune da episodi di violenza né da decisioni politiche che rischiano di riprodurre stereotipi. Richiamando, con tono critico, la recente decisione del Consiglio Comunale di Belluno di approvare l’idea di una statua dedicata alla maternità, il collettivo ha sottolineato: “Non è escludente, se non violento, celebrare la donna solo in quanto madre? Non sarebbe prioritario rendere la vita meno difficile a genitori e famiglie? […] Abbiamo deciso che la passeggiata (molto) arrabbiata della sera del 25 novembre era per noi il percorso in un museo. Abbiamo ‘esposto’, ma ben parlanti, le nostre statue alla violenza.” Durante il percorso, infatti, sono state installate simboliche “statue” che rappresentavano mancanze, diritti negati, istanze inascoltate, tutte realtà che, secondo il collettivo, richiedono interventi politici concreti e immediati. La passeggiata si è conclusa in un clima intenso e partecipato. Le voci del collettivo hanno ribadito il senso profondo di questa mobilitazione: “Sorellanza (che non riguarda solo le donne) è questo: accorgersi che la violenza che vivi riguarda anche me. Se me ne accorgo, se la vedo e ti vedo, allora forse possiamo uscirne. Accorgersene è l’inizio della cura.” Una serata forte, necessaria, che ha trasformato le strade di Belluno in un luogo di testimonianza, denuncia e solidarietà. Un richiamo potente a non voltarsi dall’altra parte, a continuare a lottare contro ogni forma di violenza e a immaginare una società più giusta, libera e sicura per tutte e tutti.
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