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RIVAMONTE Le foto d’archivio di Giuliano Leveder ci riportano a un momento fondamentale nella storia recente della Valle Imperina: luglio 1990, quando un gruppo di giovani volontari, venti in tutto, provenienti da ogni parte del mondo, iniziò la prima vera opera di pulizia dell’antico sito minerario agordino. Arrivarono da lontano: Russi, americani, olandesi, belgi, tutti uniti sotto la bandiera del Servizio Civile Internazionale, mossi dal desiderio di conoscere, di fare esperienza e soprattutto di dare una mano concreta alla rinascita di un luogo simbolo dell’identità e del passato della vallata. A coordinare quel campo internazionale fu un ragazzo della Valle Agordina — il nome purtroppo oggi sfugge alla memoria, ma resta il suo importante contributo. L’iniziativa fu resa possibile anche grazie all’allora Amministrazione comunale guidata dal sindaco Mauro Casera, che credette nella possibilità di far rivivere la Valle Imperina partendo proprio da gesti semplici, ma profondi: rastrelli, guanti, secchi e tanta buona volontà. Quelle foto — giovani chini tra i ruderi, tra gli alberi, con pale e sacchi — raccontano molto più di una semplice pulizia. Raccontano l’inizio di un percorso di recupero culturale, ambientale e storico che ha portato, negli anni, alla valorizzazione di uno dei luoghi più significativi del patrimonio industriale delle Dolomiti. Trentacinque anni fa, erano solo in venti, ma hanno acceso la miccia di una consapevolezza che continua ancora oggi.