ZAINO IN SPALLA. IN ONDA ALLE 10.0 E ALLE 20.10
SU QUESTA PAGINA OGNI GIORNO VIENE PUBBLICATA LA PUNTATA CON RELATIVA RELAZIONE. LA PAGINA VIENE AGGIORNATA OGNI GIORNO, AL TERMINE CONTERRA’ 20 PUNTATE ED ALTRETTANTE RELAZIONI…
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PUNTATA 20 25 LUGLIO 2017_BELVEDERE
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“El Cor” m. 2393 Si parte dalla Capanna Cima Comelle, 1333 metri, in Valle di Gares. L’obbiettivo molto prestigioso e ha le fattezze di un incredibile cuore di roccia, posizionato appena sotto la cima dei Balconi. Il percorso che lo raggiunge non è affatto semplice e per questo selettivo e adatto a escursionisti esperti. Non occorre essere arrampicatori provetti per arrivare lassù, ma bisogna sapersi muovere con passo sicuro su terreno impervio, esposto e severo, affrontando qualche passo di arrampicata semplice ma in ambiente severo. Bisogna però dire che ultimamente le visite sono aumentate. Forse è invece diminuito il rispetto verso questa fantastica meta e l’itinerario che la raggiunge. Tutto va preservato e mantenuto così come è sempre stato, non serve metterci mano noi. Eviteremmo anche di salire sopra il Cor per la foto, limitandoci a ad andare nel mezzo. La struttura è fragile e distruggerla sarebbe imperdonabile. Il dislivello ammonta a circa 1300 metri, perché dopo aver visitato il Cor, evitando di tornare indietro per la difficile via di salita, bisogna salire la Cima dei Balconi e dopo una esposta traversata raggiungere un’ulteriore altura quotata 2621, che fa capo al Costòn del le Salìne. Da lì dopo una traversata e la successiva discesa si raggiunge Campo Boaro, tornando in seguito alla F.lla Cesurette. Il giro completo è dunque lungo ed impegna per non meno di sei-sette ore.
Dal parcheggio della Capanna Cima Comelle seguiamo il segnavia 756, attraversando un tratto pianeggiante e poi cominciando a salire ripidamente tra il bosco. Ad un bivio abbandoniamo il sentiero fin qui seguito, diretto verso la Casera di Valbona, continuando per l’ altra traccia che ci porta alla Forcella Cesurette o Campigàt, 1801 metri di quota. Scolliniamo e in brevissimo tempo arriviamo alla bella Casera Campigat. Scendiamo di poco incrociando il sentiero 761proveniente da Col di Prà diretto a Campo Boaro. Riprendiamo quindi a salire seguendolo per poco ed abbandonandolo al tornante che si spinge più a sinistra. In quel punto notiamo una traccia su un prato e un ometto. Seguiamo quella traccia arrivando all’ingresso di un ripido canale franoso dall’aspetto poco rassicurante. Ci caliamo con cautela lungo il canale, che circa a metà propone un passaggio ostico ed esposto, da superare in disarrampicata. Più sotto procediamo ancora con cautela su altri tratti franosi ed infine tagliamo la Val de le Saline, rimontando il pendio opposto, ancora da affrontare con prudenza e con qualche passo di arrampicata. Rinveniamo qualche traccia e qualche ometto e continuiamo lungamente dove il terreno offre meno ostacoli, superando qualche cengetta e qualche tratto esposto, anche se ben appigliato. Dopo essere risaliti lungamente giungiamo sotto la parete che dovremo scalare. La attacchiamo nel suo lato meno impegnativo scendendo un poco a destra, nei pressi di un canale che la incide. L’arrampicata non è difficile ma esposta, tanto da non consentire errori. Tra la roccia macchiata dall’erba saliamo seguendo gli ometti, a volte intuitivamente, trovando sempre ottime prese e appoggi. L’ascesa è piuttosto lunga e sul finale ci spostiamo a sinistra raggiungendo la cresta, dove appena più sotto improvvisamente compare el Cor, una visione che lascia senza fiato….
Sembra finto tanto è perfetto, pare l’opera di un artista salito fin quassù per scolpire nella roccia un capolavoro. Vertiginosamente sotto la meravigliosa scultura corre la Valle di Angheràz e oltre essa troneggia l’Agnèr e la selva di severe cime che gli stanno attorno. Impressionante la Valle di S. Lucano in fondo alla quale si distinguono le piccolissime case di Taibon. Per poter fare la classica foto in mezzo al Cor bisogna scendere un ripidissimo pendio di rocce ed erba, molto esposto. Non tutti hanno il coraggio di farlo, accontentandosi di ammirarlo dall’alto a una trentina di metri di distanza, da un esiguo spazio tra le rocce. In ogni caso una visione che resterà scolpita per sempre dentro chi si è recato lassù in pellegrinaggio di fronte a un qualcosa di unico.
Rientro: dopo aver lungamente contemplato il Cuore dobbiamo riprendere il cammino, perché la strada da affrontare è ancora molto lunga. La discesa per il versante di salita è possibile ma sconsigliabile. Riprendiamo dunque a salire lungo un lastone ripido ed esposto, ma non difficile da scalare, giungendo appena sotto alla Cima dei Balconi, 2491 metri. Potremmo salire vetta e percorrere una vertiginosa cresta, ma invece assecondiamo una cengia sulla destra altrettanto vertiginosa, che corre poco più in basso della sommità. Lungo la cengia non si può sbagliare data l’esposizione molto rilevante, ed alcuni tratti in discesa mettono a dura prova. La delicata traversata è piuttosto lunga e le difficoltà terminano a quota 2507. Ora scendiamo incontro al meraviglioso Pian de Camp, oasi verdeggiante in mezzo al grigio delle rocce. Andiamo oltre, rimontando con grande fatica, aiutati dagli ometti, un altro pendio roccioso, l’ultimo, giungendo al Costòn de le Saline, 2621 metri, massima quota raggiunta oggi. Ora proseguiamo scendendo dalla parte opposta lungo un terreno lunare, quello caratteristico dell’altopiano delle Pale, tenendo d’occhio gli ometti. Proseguiamo lungamente fino a raccordarci con il sentiero 776 che scende dal il Rif. Rosetta. Ora caliamo con attenzione su terreno roccioso arrotondato dal ghiaccio tanto tempo fa. Giunti su un sentiero più comodo, ad un bivio giriamo a destra imboccando il segnavia 761, passando per Campo Boaro e tornando alla Casera Campigàt. Da qui l’ultima picchiata verso la Capanna Cima Comelle.
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PUNTATA 19 24 LUGLIO 2017_MONTE PREDEMUR
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Monte Prademùr m. 2361 L’escursione si origina da Bogo, 1194 metri di quota, frazioncina abbarbicata alle pendici di Cima Pape in comune di Cencenighe Agordino, posto dove si respira ancora una meravigliosa aria di passato. La meta, il monte Prademùr, è una modesta e solitaria altura posta sulla cresta che da Forcella Pape corre verso la F.lla di Gardès. Pur partendo piuttosto in quota il dislivello è comunque impegnativo ed ammonta a 1200 metri circa. Ed impegnativa è nel complesso l’escursione, per lunghezza e ripidezza, adatta quindi a camminatori allenati che sanno destreggiarsi fuori traccia. Niente di troppo difficile ma un qualcosa che si pone appena al di sopra dell’escursionismo più facile. Per raggiungere la cima ci vogliono quattro ore.
La comminata inizia subito con una salita secca, cosa che da freddi non è il massimo della vita. Saliamo lungo un sentiero confinato tra dei muri a secco fino a Ciòit, 1289 metri. Da Ciòit proseguiamo a sinistra seguendo il segnavia 759, ignorando un bivio che porta a Campedèl. Ci inoltriamo in direzione di una gola, salendo sulla destra a tornanti per rado bosco. Traversiamo in seguito in piano verso sinistra e riprendiamo a salire giungendo a Cason, 1608 m. dove troviamo una casera che può fare da ricovero. Poco sopra la casera abbandoniamo il sentiero 759 che sale verso Mandriz e imbocchiamo il 760, non molto marcato, che traversa la Val Grande. Risaliamo ora l’altro versante affrontando un tratto umido e accidentato fino a giungere sotto la cima del Col del Pez. Saliamo ripidamente fino ad incontrare il sentiero 759 abbandonato precedentemente. Aggiriamo le nerastre rocce di Cima Pape e saliamo ancora raggiungendo i resti della Casera de Rudelefin Alto, 2104 m. Da qui il colpo d’occhio verso le Pale di S. Lucano è davvero notevole. Compare anche la nostra Cima, dalla forma curiosa e dal colore scurissimo. Come la vicina Cima Pape è di chiara origine vulcanica. Proseguiamo e in breve giungiamo ad un magnifico anfiteatro cosparso di macigni sotto i verticali pendii di Cima Pape, dove colpiscono il contrasto tra il colore verdissimo dei prati, l’azzurro del cielo e il nero delle rocce. Dobbiamo ora salire alla F.lla Pape e dunque a un bivio continuiamo a sinistra lungo il sentiero 759. Giunti sotto una ripida ma larga cengia cominciamo a rimontarla su terreno roccioso, giungendo con fatica ai 2284 metri della Forcella. Sul valico mettiamo piede su dei bellissimi e rassicuranti prati che scendono dalla parte opposta. Compaiono le Pale di S. Martino, con l’Agnèr che ci mostra il suo leggendario Spigolo Nord. A destra spiccano gli erbosi ripidissimi pendii dei Lastèi di Pape. Il sentiero continua scendendo verso Malga Pape ma noi lo abbandoniamo proprio in forcella, dirigendoci senza traccia a sinistra lungo l’erbosa cresta. Più avanti, giunti vicini alle rocce del Monte Prademur, ci abbassiamo a destra scegliendo il percorso migliore, aggirando parzialmente la cima. La via, pur non segnata, non è difficile da trovare. Contorniamo le rocce finché notiamo un evidente canalino erboso molto ripido. E’ l’accesso alla vetta, faticoso ma facile. Con il fiatone lo rimontiamo tutto, giungendo sulla cresta e deviando poi a destra. Con alcuni elementari passi di arrampicata raggiungiamo infine i 2361 metri del magnifico Monte Prademur.
Questa montagna sconosciuta regala vedute da sogno sulle Pale di S. Martino, sulle Pale di S. Lucano, verso Cima Pape, verso Cencenighe e la Valcordevole. Bellissima la vista contemporanea di Cencenighe e il suo laghetto artificiale e più lontani Alleghe e il suo Lago. E poi La Civetta, Le Tofane, Il Sorapis, Il Sasso della Croce, perfino le Tre Cime di Lavaredo. Ci basta abbassarci un poco sotto la cima per sederci su un magnifico prato dove facciamo il meritato spuntino. Magica montagna il Prademur, che sicuramente ci lascerà dentro qualcosa.
Discesa: lasciando una macchina a Pradimezzo si può percorrere tutta la cresta fino alla F. lla di Gardès e poi scendere a Malga Ambrosogn e da lì appunto a Pradimezzo. E’ una traversata consigliabilissima ed entusiasmante, nemmeno difficile, con solo qualche punto un po’ esposto. Altrimenti torniamo indietro per lo stesso percorso fatto all’andata fino sotto Ru de le Fin Alto. Qui, anziché scendere per la Val Grande da cui siamo saliti, possiamo preseguire passando per le Buse, incontrando due bellissime baite. Poi saliamo verso Campigòl, 1938 metri. Da Campigòl, scendiamo a Malga Campedèl e poi a Bogo sfruttando il più possibile il sentierino cancellato in gran parte da una strada forestale di recente costruzione, che a sua volta, ma più lungamente, ci riporterebbe a Bogo.
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PUNTATA 18 22 LUGLIO 2017_BELVEDERE
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Belvedere m. 1964 Stavolta l’escursione si svolge nello zoldano, in Val Prampèr. Punto di partenza è il Pian de la Fòpa, 1210 metri di quota, raggiungibile in auto da Forno di Zoldo. Più che una cima la meta è un Belvedere. Ed è appunto questo il nome dato al bellissimo e panoramico luogo quotato 1964 metri che proponiamo, posto nei pressi del Rif. Ciasèl sora l’Sass, raggiungibile in tre orette. Il giro prevede la salita fino al rifugio per una ferratina, mentre la discesa si svolgerà per facile sentiero. Da affrontare 750 metri circa di dislivello. Dal rifugio per arrivare al Belvedere si incontrerà qualche altro tratto attrezzati. Nel complesso il tracciato non è particolarmente difficile ma nemmeno banale.
Dal parcheggio risaliamo per qualche minuto lungo la stradina interdetta al transito ai mezzi non autorizzati. Giunti poco oltre la partenza della teleferica che raggiunge il Rifugio Ciasel sora l’Sass attraversiamo un ponte sul torrente Prampèra e cominciamo a salire seguendo i bollini lungo delle ghiaie macchiate di mughi. Più in alto giriamo a destra ed avanziamo lungo il Giaròn de la Pala dei Lares, arrivando ad un bivio. Tralasciamo il sentiero diretto al Bivacco Carnielli e continuiamo a sinistra tra le ghiaie, infilandoci in una selvaggia gola dall’aspetto poco rassicurante. Avanziamo tra i grossi massi chiedendoci preoccupati dove andremo a finire, giungendo verso sinistra a un ripido tratto attrezzato che costituisce l’uscita da quell’inquietante luogo. Il tratto attrezzato è corto e ben gradinato. Andiamo su velocemente e in breve ci ritroviamo su una pala di mughi dove terminano i cavi e il sentiero continua ripido fino a una cavità. Ora continuiamo nel boschetto tra saliscendi, superando una zona franosa e giungendo in seguito alla radura dove sorge il bellissimo rifugio Ciasèl sora l’Sass, 1588 metri, dedicato a Giovanni Angelini, medico, docente universitario, alpinista accademico, appassionato cantore e illustratore delle crode e delle genti della Val di Zoldo. Ci troviamo proprio sotto i fantastici Spiz di Mezzodì. Dal rifugio continuiamo lungo il sentiero 532 senza grandi pendenze. Arrivati ad un bivio tralasciamo la traccia di sinistra e ci alziamo fin sotto le pareti dello Spiz Nord-est, allo sbocco dell’ impressionante Giaròn Dantre i Spiz. Qui, a un nuovo bivio, giriamo a sinistra percorrendo un’ardita cengia che in un tratto si restringe. Superato con prudenza il passaggio ci issiamo su per un caminetto con l’aiuto di un cavo, svoltando poi a sinistra e giungendo ad una selletta di mughi. In questo punto il sentiero 532 cala in direzione Val Doà, mentre noi proseguiamo a sinistra giungendo sul fantastico Belvedere, 1964 metri.
Che posto grandioso, poco conosciuto e capace di lasciare pienamente appagati quanti lo raggiungono, anche considerando la bellezza e la varietà dell’itinerario percorso per giungere fino a qui. La visione ravvicinata degli Spiz permette di farsi una piccola idea su quel fantastico mondo di guglie e torrioni. Da qui li si sfiora appena, ma già si comincia a respirare la loro magica atmosfera. Lassù corrono viàz tra i più belli e arditi. Portarli ha termine è un’esperienza che resta dentro. In lontananza Pelmo e Civetta con in mezzo il solco della valle che dall’Agordino cala verso lo zoldano. Più in là spiccano l’aguzza Cima Nord di S. Sebastiano, il Tamèr, la Gardesana. Guardando dalla parte opposta incantano le rocce disposte a ventaglio degli Sfornioi, e poi il Sasso di Bosconero, il Sasso di Toanella e la Roccchetta Alta.
Discesa: la discesa ricalca i passi già fatti fino al rifugio. Poi cambiamo itinerario, seguendo il comodo e bel sentiero 534, che cala alla Casera di Mezzodì, 1346 metri. da lì giriamo a sinistra evitando di scendere a Baròn, raggiungendo la strada fatta con l’auto che, percorsa in salita per un tratto, ci riporta al Pian de la Fopa.
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PUNTATA 17 21 LUGLIO 2017_COL DAVAGNIN
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Col Davagnìn m. 1917 Punto di partenza sono i Piani di pezzè, 1452 metri, nei pressi dell’arrivo della cabinovia che sale da Alleghe. La meta, il Col Davagnin, meglio conosciuto ad Alleghe come Mont da Tos, è un elevazione secondaria del Monte Fertazza, la cui cima è situata duecento metri più alto. L’escursione è breve, il dislivello da affrontare inferiore ai cinquecento e il tempo occorrente stimabile per arrivare in cima si attesta sull’oretta e un quarto. Non ci sono difficoltà da affrontare, ma solo un po’ di sana fatica.
Dal parcheggio all’arrivo della Cabinovia scendiamo brevemente lungo la strada asfaltata fino alla frazione di Coi. Da qui imbocchiamo una stradina che si inoltra tra le case. Poco più in alto già sono ben evidenti le vecchie case di Fernazza e ancora più su avvistiamo il Col Davagnin. Risaliamo lungo una comoda ma ripida stradina raggiungendo in breve Fernazza, 1568 metri, frazioncina ormai praticamente abbandonata, da cui si gode una grandiosa vista sulla Civetta. Proseguiamo in piano fino ad un cartello con indicazione Col Davagnin. Imbocchiamo quindi a destra il sentiero indicato che si inoltra nel bosco e lo risale ripidamente, aiutati dai segnavia sugli alberi. Saliamo lungamente e a tratti molto ripidamente. Più in alto rimonta attraversiamouna vallecola, che risaliamo sul bordo sinistro. La camminata continua a svolgersi tra gli alberi, senza grandi possibilità di aprirsi il panorama. Sempre sul ripido ci alziamo ancora giungendo a dei bei tabià. Saliamo ora un prato a sinistra giungendo a una selletta con dei cartelli. Qui abbandoniamo il sentiero che sale verso il Monte Fertazza, cominciando invece a percorrere la lunga dorsale pianeggiante a sinistra senza indicazioni. Sempre tra gli alberi la percorriamo tutta, giungendo infine al suo termine, oltre il quale si apre il vuoto.
Sul Col Davagnìn troviamo una bellissima costruzione in legno scoperta ai lati, con all’interno delle comode panche e un tavolo. Quassù gli abitanti delle frazioni alte di Alleghe accendono tradizionalmente un fuoco alla vigilia di S.Giovanni. Questo è uno dei più bei belvedere sulla Civetta e su Alleghe e il suo lago. Merita arrivare quassù proprio per vedere dall’alto il paesino plasmarsi nel poco spazio che lo specchio d’acqua gli concede e per avere una visione rstupenda e impressionante sulla parete delle pareti. Merita arrivare qui anche per la pace che si respira, pur non essendo distanti dalla civiltà. Insomma, una meta consigliabilissima e raggiungibile in poco tempo, capace di ripagare l’ora abbondante di fatica con visioni davvero particolari.
Discesa: la discesa ricalca i passi della salita.
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PUNTATA 16 20 LUGLIO 2017_SASSO BIANCO
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Sasso Bianco m 2407 Punto di partenza è Caracoi Agoin, 1256 metri, frazioncina di Rocca Pietore raggiungibile da S. Maria delle Grazie. La meta verdeggiante e rassicurante nel suo versante meridionale, quello che saliremo, a settentrione precipita invece a picco verso Sottoguda. L’escursione non presenta difficoltà tecniche ma è da considerare impegnativa per sviluppo, pendenze e dislivello. Quest’ultimo ammonta a poco meno di 1200 metri. Dovrebbe ammontare invece a tre ore, tre ore e mezzo in tempo occorrente per arrivare lassù. La cima è un bellissimo e particolare punto panoramico mai troppo frequentato, sebbene conosciuto. Il tracciato scelto per raggiungerla è poi molto gradevole, aperto e vario.
Dal piccolo parcheggio di Caracoi Agoin seguiamo una stradina con indicazioni per Bramezza, passando a fianco di alcune case. Presto la strada si trasforma in sentiero. Ci alziamo con moderata pendenza raggiungendo una strada forestale che in breve porta a Bramezza, 1452 m. bellissima frazione che ultimamente sembra tornata a nuova vita grazie al recupero di alcune abitazioni. Sfiliamo davanti alla fontana e proseguiamo. Per accorciare i tempi, all’altezza dell’ultima casa, conviene girare a sinistra imboccando una scorciatoia confinata tra dei muri a secco. Più sopra ritroviamo la strada forestale. La seguiamo fino a lasciarla nuovamente più in alto, nei pressi di una piana, seguendo il sentiero verso sinistra. Ritroviamo nuovamente la strada forestale poco prima di Malga Bur, 1632 metri, la cui casera è stata ottimamente recuperata e può diventare un ottimo ricovero. Dalla Malga proseguiamo per la strada che più in alto si fa ripidissima, tanto che è stata cementata per permettere il passaggio di eventuali trattori o mezzi fuoristrada. Qui l’uso dei bastoncini si rivela quanto mai opportuno. La rampa è davvero impressionante e porta alle “Ote del Piz”, il punto dove si è staccata la frana che nel 1771 ha formato il Lago di Alleghe. Qui il panorama comincia ad aprirsi. Continuiamo a salire sul bordo dell’ impressionante frana che vediamo in tutto il suo sviluppo fino giù alle casette di Masarè. Poi pieghiamo a destra rientrando nel bosco ed incontrando una radura dove sorgono dei tabià in disfacimento. Saliamo ancora per comodo sentiero, con gli alberi che si fanno via via più radi e con una meravigliosa, panoramica diagonale raggiungiamo dei tabià a1951 metri. Solo uno è ancora in piedi ed è un ottimo riparo in caso di bisogno. Alle spalle dei tabià un autentico balcone sospeso ci permette di vedere laggiù in lontananza S.Tomaso e più lontano ancora Cencenighe. Davanti si staglia la Civetta. Vediamo anche lontana la nostra meta. Riprendiamo il cammino scendendo leggermente e poi risalendo e continuando in piano, avvistando più in basso Ciamp e il Rif. Sasso Bianco ed incrociando il sentiero che proviene da lì. In effetti sul Sasso Bianco si può salire anche da Piaia passando per il Rifugio, sfruttando un altro bel percorso che da qui in avanti diventa in comune. Riprendiamo a salire ripidamente e più su aggiriamo il Sasso Nero, incontrando un’altra traccia che sale da Giardogn. Arriviamo ad un ripiano, e poi saliamo ripidamente incontro a delle roccette, superabili facilmente con l’aiuto di alcuni cavi metallici. Poco sopra ci accoglie una indescrivibile verde conca. La contorniamo sulla sinistra incontrando un cartello che indica la Cima Da Pian. Qui si dovrebbe proseguire ignorandolo, ma noi invece saliamo per il libero pendio erboso raggiungendo con fatica questa Cima. Ci troviamo a 2359 metri e da qui vediamo appena più in là la cima principale, una cinquantina di metri più alta. I vecchi locali affermano che è questo il vero Sasso Bianco e che quello attualmente considerato tale, insieme alle sue propaggini, sia sempre stato chiamato Lasteì. Ad ogni modo, dopo una vertiginosa occhiata verso Sottoguda, abbandoniamo la cima e torniamo un poco indietro, calandoci facilmente alla selletta che divide la Cima Da Pian dal Sasso Bianco, ritrovando in basso la traccia che avevamo abbandonato precedentemente. La seguiamo fedelmente lungo la cresta in un crescendo di vedute e di emozioni. Giungiamo infine con un’ultimo strappo sulla vetta, dove ci attende una minuscola croce in ferro battuto.
Da quassù il panorama è grandioso! Sotto di noi la Val Pettorina e Sottoguda. Più distante Rocca Pietore e Saviner di Laste. Dalla parte opposta S. Tomaso e Cencenighe. Il dirimpettaio Piz Zorlet si erge verso ovest mentre un corollario di infinite altre cime spunta da ogni dove. Sasso della Croce, Tofane, Cristallo, Sorapis, Marmarole, Antelao, Pelmo, Civetta, , Pale di S. Lucano e di S. Martino, la Marmolada. Davanti a noi il Migon. Da perdersi.
Discesa: per il ritorno seguiamo fedelmente il tracciato affrontato per salire.
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PUNTATA 15 19 LUGLIO 2017_CIMA OMBRETTA EST
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Cima Ombretta Est m. 3011 L’ escursione si origina da una spiazzo posizionato appena prima del Camping di Malga Ciapèla a quota 1450 m. dove si lascia l’auto. Oltre non è permesso andare a causa di un divieto. Per giungere sulla Cima Ombretta Est si deve affrontare un lungo tragitto e un dislivello di ben 1550 metri. E’ quindi un escursione da intraprendere solo se si è bene allenati. Per il resto le difficoltà da affrontare si limitano a un trattino attrezzato molto breve e facile. La meta posta a ridosso della Marmolada è splendida oltre che prestigiosa, visto che supera i fatidici 3000 metri. Gli stimoli quindi non mancano e serviranno per stringere i denti per le tre ore e mezza, quattro, che servono per arrivare a destinazione.
Incamminiamoci lungo la strada attraversando il campeggio e cominciando ad alzarci moderatamente, approfittando delle scorciatoie che ci evitano lunghi tornanti. In breve giungiamo all’Agriturismo Malga Ciapela. Lo superiamo e arriviamo ad un ponticello dove cominciamo a salire più ripidamente. Dopo una decina di minuti giungiamo a dei cartelli che indicano una scorciatoia con segnavia 610. La imbocchiamo decisi. E’ vero che sale ripida ma ci evita il noioso e molto più lungo tragitto lungo i numerosi tornanti della stradina sterrata. Saliamo quindi lungo la scorciatoia giungendo con un po’ di fatica a ricollegarci con l’itinerario precedente molto più sopra.
In breve facciamo ingresso nella grandiosa Valle Ombretta, dominata a destra dalla leggendaria parete sud della Marmolada mentre a sinistra si erge la muraglia delle Pale del Fop. Raggiungiamo Malga Ombretta, 1904 metri. Guardando davanti a noi già vediamo l’obbiettivo che dovremo raggiungere, la aguzza Cima Ombretta Est. Più a sinistra si eleva un’altra notevole cima, il Sasso Vernale, 3058 metri. Continuiamo a destra lungo il sentiero 610 che corre sotto la immensa parete della Marmolada e senza grandi dislivelli, alzandoci sopra la Valle Ombretta, giungiamo al Rif. Falier, 2074 m. Ora inizia la parte più impegnativa. Dobbiamo infatti raggiungere il Passo Ombretta e poi la nostra cima, su pendenze che diverranno più sostenute. Da qui alla vetta dovremo superare circa 950 metri di dislivello. Sempre seguendo il segnavia 610 ci alziamo sopra il rifugio, impressionati dal Fungo d’Ombretta, un torrione dalla forma particolare che sembra stia per cadere da un momento all’altro. Saliamo lungo un vallone sfiorando la parete della Marmolada, un vallone che inizialmente trae in inganno perché sembrerebbe più corto di quel che in realtà è. Con fatica, tra i massi e le ghiaie, raggiungiamo il Passo Ombretta, 2702 m. dove incontriamo i resti di postazioni militari italiane risalenti alla prima guerra mondiale. Abbandoniamo ora il sentiero principale che scende al Rif. Contrin dirigendoci verso sinistra al vicino Bivacco dal Bianco. Dal ricovero saliamo per traccia e segnavia sotto una fascia rocciosa attrezzata con cavi metallici. Il tratto è molto breve e semplice e porta a un magnifico catino ghiaioso dove, in alto a sinistra, si erge la vetta da raggiungere. Seguendo la traccia tra il ghiaione raggiungiamo il filo di cresta da dove si apre un impressionante panorama sul Sasso Vernale e la sua vedretta. Sopra di noi c’è la Cima Ombretta di Mezzo, dove sorgono altre postazioni militari italiane risalenti alla grande guerra. Percorriamo ora tutta la cresta verso sinistra, approfittando delle sentiero scavato nella roccia, arrivando sotto la cima. Rimontiamo quindi l’ultimo breve pendio e finalmente raggiungiamo i 3011 metri della vetta.
Che spettacolo! Tutta la parete sud della Marmolada lì a un passo. Laggiù in basso ripercorriamo con lo sguardo tutta la Valle Ombretta. Appena di là, collegato da una crestina, il Sasso Vernale con un profilo grandioso. Bella la vista anche sul Gran Vernèl e su quello Piccolo. Sotto i nostri piedi una caverna, sempre scavata durante la prima guerra mondiale, può fungere da spartano riparo.
Discesa: per il rientro si ripercorre integralmente il tragitto affrontato per salire.
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PUNTATA 14 18 LUGLIO 2017_MONT ALTO DI PELSA
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Mont Alto di Pelsa 2417 m. La salita comincia da Capanna Trieste, 1135 metri, in Val Corpassa. Il percorso proposto per raggiungere la meta non è il più diretto ma salendo dalle Forzelete percorre le creste del Pelsa prima di arrivare all’elevazione principale. E’ Un itinerario dal lungo sviluppo ma sicuramente spettacolare e appagante. Il dislivello si aggira sui 1300 metri circa e il tempo occorrente per arrivare a destinazione è stimabile sulle tre ore e mezza, quattro. Anche se praticamente privo di difficoltà tecniche non è quindi un giretto da poco, che si svolgerà in parte su terreno senza traccia, richiedendo quindi un minimo di senso dell’orientamento.
Cominciamo a camminare lungo la stradina bianca che si inoltra lungo la Mussaia e raggiunge il Rif. Vazzoler. E’ un tracciato piuttosto noioso perché fatta di numerosi tornanti seguiti da lunghissimi tratti piuttosto pianeggianti. Un alternativa più stimolante sarebbe percorrere il Troi del Baga, che parte nei pressi della sbarra. Ma è ripidissimo e non fa comunque guadagnare tempo in salita. Magari è da sfruttare al rientro. Su dunque per la stradina, che sarà pure noiosa ma passa proprio sotto all’ imperiosa Torre Trieste, che continuamente attira lo sguardo. Giungiamo dopo un oretta abbondante al Col Negro di Pelsa dove sorge ol Rif. Vazzoler, 1714 metri. Lo superiamo continuando per il sentiero 560 diretto verso il Rif. Tissi, sfilando sotto l’altra famosissima torre della Civetta, la Venezia, ed inoltrandoci nel Pian di Pelsa. Più avanti, appena superato un cancello in legno, notiamo su un sasso una freccia rossa che ci indica la direzione di salita per le creste del Pelsa. Abbandoniamo quindi la traccia principale e cominciamo a salire inizialmente un po’ a occhio, dato che non ci aiuta né una traccia marcata né alcun segnavia. Dopo poco rinveniamo però dei segni rossi che ci confortano e più in alto anche la traccia diviene più evidente. Ben presto i baranci la fanno da padrone ed il nostro sentiero si insinua magnificamente tra queste piante d’alta montagna. Man mano che saliamo la vista sulla Val Civetta si apre. Superiamo un vallino e delle roccette giungendo ad una tabella, dove iniziano i prati sommitali. Qui abbandoniamo i segni rossi che ci porterebbero verso sinistra direttamente sul Mont Alto, alzandoci dritti e poi girando a destra lungo il pendio erboso senza traccia e segnavia. Ci inerpichiamo quindi faticosamente su per i ripidi prati fino a raggiungere la cresta. Abbassandoci leggermente verso destra arriviamo a un magnifico belvedere con vista su Alleghe. In lontananza adocchiamo il Rif. Tissi, sulla sommità del Col Rean. Bellissimo il solco della Val Civetta e notevole la vista sul Gruppo Su Alto e i Cantoni del Pelsa. Ora invertiamo la marcia, stando appena sotto la cresta ove non è possibile percorrerla, camminando sempre su un magnifico tappeto erboso ed incontrando vari saliscendi, delle conche e diverse alture verdeggianti che verrebbe voglia di raggiungere tutte se il cammino non fosse ancora lungo. Dopo aver camminato lungamente cambiando spesso le vedute, giungiamo al punto più alto, il Mont Alto.
Sotto di noi le case di Cencenighe sono piccolissime. Vediamo anche l’intera Valle del Biois con i suoi vari paesi così come riconosciamo S. Tomaso e le sue frazioni.
Discesa: una volta riposati riprendiamo il cammino cominciando a scendere, seguendo sempre più o meno la cresta o comunque non allontanandoci troppo da essa, evitando la tentazione di calare più direttamente, cosa che ci darebbe in pasto ai baranci. Incontriamo a tratti delle tracce che presto spariscono, ma sappiamo che prima o poi giungeremo a incrociare il sentiero 562, che ci porterà a valle. Ed infatti tra i baranci d’un tratto eccolo! Non ci resta che seguirlo. Ad un bivio potremo salire in breve alla Palazza Alta, dove arriva la Ferrata Fiamme Gialle. Continuiamo la discesa lungo il bel sentiero fino ai prati delle case Favretti, per poi ritrovare il tracciato dell’Alta Via numero 1 già percorso qualche ora prima. Una volta giunti al Rif. Vazzolèr torniamo alla Capanna Trieste, stavolta imboccando dietro il rifugio il ripidissimo Troi del Baga, che ci permette di risparmiare almeno venti minuti rispetto alla stradina fatta per salire.
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PUNTATA 13 17 LUGLIO 2017_COL NEGRO DI COLDAI
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Col Negro di Coldai m. 2248Si parte dai Piani di Pezzè, sopra Alleghe, 1470 metri di quota, località molto conosciuta per le piste da sci del comprensorio Civetta. La salita si svolgerà attraverso il non banale Ru de Porta, mentre per la discesa utilizzeremo il classico tracciato che passa per il Rif. Coldai e scende a Malga Pioda. Il tempo occorrente per raggiungere la cima possiamo stimarlo sulle 3 ore, tre ore e mezza, mentre il dislivello ammonta a meno di 800 metri. Il Col Negro di Coldai è una postazione strategica per osservare da vicino la impressionante muraglia rocciosa della Parete delle Pareti, ovvero la Civetta.
Dai Piani di Pezzè ci portiamo nei pressi della chiesetta, dove un cartello ci indica la strada per il Ru de Porta, una canalone selvaggio dove spesso interviene l’elicottero del soccorso alpino per qualche escursionista in difficoltà o che ha perso la via. In effetti bisogna metterci la dovuta attenzione, ma i segnavia sui sassi non mancano e le difficoltà sono ampiamente superabili con un minimo di esperienza. Saliamo dunque per il bosco e superiamo un salto roccioso chiamato le Crépe de Sassél. Continuiamo poi ancora lungo il bosco di Sora Sassél fino ad incontrare una stretta cengia che permette l’accesso al Ru de Porta, così chiamato per la presenza in passato di un arco roccioso naturale crollato nel 1948. Saliamo ora tra grossi macigni lungo il canalone in ambiente molto appartato, girandoci di tanto in tanto per osservare Alleghe e il suo lago da un’insolita prospettiva. Dove il canalone si biforca seguiamo il ramo di destra proseguendo poi più in alto a sinistra lungo il friabile sperone che separa i due rami. Faticosamente e mettendoci la dovuta attenzione raggiungiamo il magnifico Laghetto di Coldai, incontrando il sentiero dell’Alta Via numero 1. Contorniamo ora il lago dirigendoci a destra, seguendo tale sentiero ed arrivando in breve nei pressi della F.lla di Col Negro, 2203 metri. Senza raggiungerla scendiamo a destra notando un canale ghiaioso che si insinua sul fianco del Col Negro di Coldai, cima che si erge proprio sopra l’omonima forcella. Risaliamo con fatica su una traccia poco marcata il canale molto ripido, che non propone però difficoltà, giungendo sui prati sotto la cima, che da Alleghe appare piuttosto appuntita ma che invece ai nostri occhi si presenta molto ampia. Saliamo ora liberamente ed intuitivamente verso destra senza taccia, piegando poi man mano verso sinistra, raggiungendo infine la sommità.
Il posto è davvero suggestivo e le poche tracce di passaggio indicano inequivocabilmente la sua inspiegabile poca frequentazione. Ci troviamo forse sul più bel balcone verso la Civetta, che si erge maestosamente davanti a noi con la sua gigantesca parete che da quassù fa davvero impressione. Bellissimi sono anche gli scorci sulle sue tre famose torri, la Torre di Coldai, La Torre Alleghe e la Torre di Valgrande. E poi il Castello di Valgrande e l’appuntito Pan di Zucchero. Più lontano il gruppo Su Alto. Girandoci dalla parte opposta vediamo Alleghe e verso est possiamo scrutare le cime Est e Ovest di Coldai. Insomma, una vera full immersion nella Civetta e il suo mondo più suggestivo e spettacolare, anche se non mancano vedute su altre montagne.
Discesa: per la discesa ripercorriamo i passi già fatti fino al Laghetto del Coldai. Ora saliamo alla F.lla Coldai, 2191 metri, scendendo poi in breve al Rif. Coldai, 2132 metri. Continuiamo la discesa lungo il sentiero dell’Alta Via 556, arrivando alla Casera Pioda, 1816 metri. A questo punto imbocchiamo il sentiero 564 che scende lungo una pista da sci portandoci ai Piani di Pezzè.
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PUNTATA 12 15 LUGLIO 2017_ PUNTA JIGOLE
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Punta Jigolè m. 2815 La salita inizia poco sotto Passo S. Pellegrino, più esattamente tra la Malga Boer e la Baita Flora Alpina, a circa 1849 metri di quota, da un parcheggio vicino all’imbocco della stradina bianca che sale a Fuciade. Il dislivello previsto ammonta a poco meno di 1000 metri ed il tempo occorrente per arrivare in vetta si attesta sulle tre ore. Gran parte del cammino risulta faticoso ma alla portata di un escursionista ben allenato. La salita finale alla cima è appena più difficile.
Dal parcheggio imbocchiamo la comoda stradina bianca per Fuciade che senza grandi pendenze ci porta all’incantevole località disseminata di baite, posta a 1982 metri di quota. Proseguiamo lungo il sentiero 607, che costituisce una variante dell’Alta Via delle Dolomiti n. 2. Risaliamo per prati ed attraversiamo un torrente e poi in piano arriviamo ad un bivio dove troviamo l’ indicazione per il P.so delle Cirelle. Seguiamo l’indicazione ed a svolte risaliamo un pendio erboso fino ad una sella, e poi per largo sentiero giungiamo ad un alto bivio dove seguiamo la traccia di destra. Più sopra incontriamo l’ennesimo bivio e questa volta giriamo verso sinistra, raggiungendo più avanti un comodo sentiero a tornanti che risale lungo il ghiaione rimontando la parte bassa della Val di Tasca.
Più avanti incontriamo altri cartelli e noi svoltiamo decisamente a destra, abbandonando la Val di Tasca e alzandoci su per un lungo ghiaione che rimontiamo con numerose svolte, giungendo infine al Passo delle Cirelle, 2683 metri. Da qui la salita alla vetta risulta evidente e non obbligata. Noi proseguiamo fino ad incontrare un sasso con dei segnavia. Abbandoniamo ora il sentiero e saliamo a destra per ghiaie fino ad incontrare una traccia che taglia in obliquo il ghiaione verso sinistra. La seguiamo fin sotto la cresta, dove si fa più incerta. A questo punto traversiamo di poco verso destra su fondo roccioso coperto di ghiaia e quindi giriamo a sinistra e risaliamo un breve canalino ghiaioso che esce sulla cresta. Siamo ormai in vista dell’ometto di vetta che raggiungiamo in brevissimo tempo.
Da quassù dominiamo Fuciade. Curioso un foro nella roccia proprio in quella direzione. Più lontane le Pale di S. Martino con Vezzana, Bureloni, Cimon della Pala, Focobon e satelliti, la Pala di S. Martino e al termine degli altopiani delle Pale l’ Agner. A est Punta Penia, la maggiore elevazione della Marmolada, si eleva sopra una cresta rocciosa a fianco del Sasso Vernale. Un po’ più vicina la tondeggiante Cima Ombrettòla. A ovest troneggia la stupenda Cima Uomo, davvero imperiosa. Dietro di noi le rassicuranti Cime Cadine, al termine di una dorsale che le raggiunge.
Discesa: per il ritorno la via è la medesima, con la possibile variante dell’ulteriore salita alle facili Cime Cadine, 2885 metri, nota meta scialpinistica. In questo caso, tornati al passo delle Cirelle saliamo facilmente i pendii che le raggiungono arrivando a destinazione in una mezz’oretta. Da qui ci si aprono nuovi orizzonti. Sotto di noi il solco della Val di Contrin e l’omonimo rifugio. In lontananza, magnifico, il gruppo montuoso del Sassolungo con le sue varie cime. Poi i due Vernèl, satelliti della Marmolada ma capaci di superare entrambi i tremila metri. Fa capolino anche il Piz Boè e vediamo anche il Catinaccio. Ora può davvero bastare. Ci incamminiamo sulla via del ritorno.
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PUNTATA 11 14 LUGLIO 2017_ MONTE CELO (ZELO)
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Monte Celo m. 2083 Si parte da Conaggia, 840 metri, in comune di La Valle Agordina, nei pressi del campo di calcio. Dislivello da superare 1200 metri abbondanti, con parecchio sudore da versare nelle tre ore e mezza quattro che servono per arrivare in cima. Il Monte Celo, relativamente frequentato, è una meta di assoluta, sorprendente bellezza.
Dal Campo sportivo imbocchiamo la strada sterrata con segnavia 542. Superiamo un ponticello e più avanti un secondo che attraversa il Torrente Bordina. Poco dopo la strada si impenna, cominciando a risalire con ripidi tornanti la Val delle Pontesie. E’ una stradina bianca davvero ripida quella sotto i nostri piedi, che dopo una serie di tornanti porta al capitello della Madonna de S’ciar a quota 1185 m. dove sarebbe possibile imboccare una scorciatoia. Continuiamo invece lungo la strada, incontrando la statuetta di Sant’Antonio in una piccola nicchia su un masso, giungendo poi a un bivio a 1350 m. con indicazioni per Forcella Folega. Qui abbandoniamo la strada diretta a Malga Foca seguendo questa nuova pista, incrociando più in alto il sentiero in quota proveniente da Malga Foca e giungendo poco dopo a Forcella Folega 1547 m. Andiamo ora incontro alla Baita Folega, costruita su una splendida spianata. Sfiliamo davanti alla baita e continuiamo, raggiungendo in breve la Forcella Pongòl, 1549 m. Ora caliamo un poco lungo la mulattiera 545. Questo tracciato raggiunge La Muda ma noi lo abbandoniamo poco dopo ad un bivio, salendo verso destra. Più sopra ci ritroviamo tra i mughi, dove il sentiero si insinua ripidamente tra questa pianta d’alta montagna. A zig zag guadagniamo quota con fatica. Rimontiamo un pendio tra delle rocce e poi continuiamo tra i mughi. Superiamo una cengetta e saliamo ancora lungamente tra le devastazioni provocate dal grande incendio di qualche anno fa, arrivando alle spianate sommitali. Ora assecondiamo la cresta rimanendo appena più bassi, andando incontro senza difficoltà alla massima elevazione.
Davvero impressionante la visione sulla sottostante statale 203 che segue verso Belluno il corso del Cordevole. Zime de Zità, Talvèna, Schiara, Burèl, Coro, Pala Alta, le grandi montagne delle Dolomiti Bellunesi sono tutte schierate. Particolarissima la vista sui solitari Monti del Sole mentre in lontananza spiccano l’Agnèr e le Pale di S. Lucano. E poi la Moiazza, il S. Sebastiano, il Tamèr, il Castello di Moschesin. Sotto di noi, più vicina, notiamo Cima Valaràz e dalla parte opposta, più avanti lungo la cresta del nostro monte, il Corno de Val, cima gemella del Celo.
Discesa: per il rientro si potrebbe continuare lungo la cresta nella direzione opposta a quella da cui siamo saliti, seguendo la traccia e i bollini, imboccando in seguito il canalone della Cavalèra disceso il quale si raggiunge la mulattiera militare che sale dal Tornèr. Poi, seguendo lungamente questa a destra si tornerebbe alla F.lla Folega e quindi a Conaggia. Il tracciato più diretto ricalca però i passi dell’andata.
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PUNTATA 10 13 LUGLIO 2017_ CIME DI PEZZA
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Cime di Pezza m. 2386 Punto di partenza è il Vivaio Piccolet, 1275 meri, non distante da F.lla Lagazzon, poco sopra Vallada Agordina. L’escursione si svolge in ambiente appartato ed è piuttosto faticosa. Si devono infatti superare 1100 metri circa di dislivello salendo pendii piuttosto ripidi fino alla meta di chiara origine vulcanica, facente parte del Gruppo Marmolada. In tre orette si dovrebbe giungere a destinazione.
Dal parcheggio del Vivaio Piccolet seguiamo le indicazioni per Baita Pianezza incamminandoci lungo la stradina asfaltata. Dopo un po’ la strada diviene sterrata. La percorriamo lungamente fino ad incontrare un sentiero. lasciamo quindi la strada e risaliamo il nuovo tracciato, a momenti molto ripido, che a svolte ci porta alla stupenda Baita Pianezza, 1655 metri. Dalla baita seguiamo il sentiero a sinistra, risalendo verso la Forc. Pianezze. Il vallone che la raggiunge è molto bello e particolare. Anche molto assolato essendo rivolto a sud. Notiamo i segni di un grande incendio di molti anni fa, che insieme alle nerastre rocce presenti conferisce al solco un aspetto incantato.
Saliamo tranquillamente anche se con un po’ di inevitabile fatica, fino ad arrivare ad un bivio posto sotto la Forcella Pianezze. Qui giriamo a destra. Non raggiungeremo infatti il valico, che ci costringerebbe poi ad un lungo aggiramento, ma ci avviciniamo in modo più diretto alla nostra cima salendo lungo una nuova traccia che avanza per prati e ghiaione, guidati da qualche segnavia, giungendo ud una conca pianeggiante e riprendendo a salire di là da essa, raggiungendo la erbosa F.lla delle Fontane, 2206 metri. Ci troviamo ora tra il tozzo Monte Pezza sulla nostra sinistra e le Cime di Pezza sulla destra. A questo punto la parte finale della salita è liberamente interpretabile svolgendosi senza traccia. Attacchiamo quindi a destra il ripido pendio erboso con qualche roccia affiorante, preferendo salire inizialmente dritto verso la cresta, per poi deviare con una diagonale verso sinistra fino a portarci sulla massima elevazione di quel tratto di montagna. La mancanza di tracce è inequivocabilmente segno della scarsa frequentazione di questo luogo che regala grandi sensazioni. E’ vero, non è la maggiore elevazione e la vista verso est di un cucuzzolo più alto ce lo ricorda. Continuando lungo la cresta verso est, con degli opportuni scartamenti, potremo salire su tutte le cime principali. L’itinerario è però piuttosto alpinistico e una corda risulta opportuna. E’ un altro approccio a questa montagna e per oggi ci riteniamo soddisfatti così.
Da qui riusciamo a vedere contemporaneamente Falcade, Canale, Vallada, Cencenighe, Agordo. Davvero bella la vista sulle Pale di S. Martino, con Focobon e Mulàz a spiccare. la Marmolada dalla parte opposta pare voler chiudere l’orizzonte. Ovviamente non mancano all’appello tante altre cime dolomitiche blasonate. Ci concentriamo però per una volta sulle montagne secondarie o presunte tali. Il Mont Alto, le Auta, Il Monte Pianezze, chiamato dai locali la Velma, termine che associa la forma della montagna al lenzuolo di fieno portato sulla schiena dai nostri nonni. E ancora l’attiguo Monte Pezza, il Piz Zorlet, il Sasso Bianco.
Discesa: la discesa fino alla base del pendio è identica. Però, scesi dalla F.lla delle Fontane, possiamo concederci una piccola variante insistendo verso ovest e raggiungendo la F.lla Pianezze per facile traccia. Ora iniziamo a scendere decisamente ritrovando appena sotto il percorso fatto per salire.
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PUNTATA 9 12 LUGLIO 2017_ COL ALTO
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Col Alto m. 2407
Si parte dalla Capanna Cima Comelle, costruita al Pian delle Giare, 1333 metri. Per raggiungere il Col Alto raggiungeremo al Passo Antermarucol, una delle porte di accesso all’altopiano delle Pale e da lì saliremo alla cima molto larga. Il dislivello è di poco inferiore ai 1100 metri ed il tempo occorrente per giungere a destinazione dovrebbe aggirarsi sulle tre ore, tre ore e mezza. Al ritorno proponiamo di scendere verso Campo Boaro e la F.lla Cesurette, ritrovando nell’ultima parte il sentiero fatto per salire.
Dal parcheggio della Capanna Cima Comelle imbocchiamo il sentiero756 che, dopo aver attraversato un tratto pianeggiante, inizia a risalire ripidamente tra il bosco. Con una serie di tornanti giungiamo a un bivio, continuando a destra sempre lungo il sentiero 756 diretto a Malga Valbona. L’altro sentiero porta a F.lla Cesurette ed è quello che utilizzeremo al ritorno per scendere. Finalmente giungiamo alla Malga Valbona. A dire il vero della malga non resta niente dato che recentemente è stata sostituita con un opera avveniristica che a fatto storcere il naso a qualcuno.
Continuiamo per il sentiero incrociando la deviazione per il Viaz del Bus, un percorso attrezzato che sbuca in Val delle Comelle. Noi continuiamo per la nostra pista. Finalmente il bosco si dirada ed il terreno diviene più aperto. Giungiamo al largo vallone che porta al Passo Antermarucol. Lo risaliamo con numerosi tornanti in ambiente molto particolare giungendo con un po’ di fatica al valico quotato 2334 m. Quassù ci accoglie il lunare Altopiano delle Pale. Nei pressi di alcune tabelle segnaletiche abbandoniamo il sentiero n.756 e saliamo liberamente a destra su facile terreno fino ad incontrare a 2407 metri l’ometto del Col Alto.
Incomparabile il colpo d’occhio sulla Valle di Gares, visibile per intero, mentre dalla parte opposta gli altopiani delle Pale paiono infiniti. La Cima di Campido, la Cima Zopèl, il Focobon e i campanili del Focobon disegnano una serie di bellissime aguzze elevazioni. Colpisce anche il vicino e scurissimo Sass Neghèr. In lontananza possiamo poi riconoscere le più importanti cime dolomitiche.
Discesa:scendiamo tornando al Passo Antermarucol e da lì imbocchiamo il sentiero 761. Passiamo sotto la modesta elevazione del Marucol e iniziamo a scendere lungo la bellissima mulattiera scavata nella roccia che ci conduce a Campo Boaro, 2200 m. La nostra marcia continua su comodo tracciato fino ai 1800 metri della Casera Campigat, altro magnifico ricovero d’alta quota. Ora risaliamo brevemente alla Forcella Cesurette o Campigat, 1801 m. cominciando poi a scendere in modo deciso, ritrovando più in basso il bivio per Malga Valbona e tornando quindi nell’ultimo tratto sul tracciato già percorso qualche ora prima, che ci riporta alla Capanna Cima Comelle.
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PUNTATA 8 11 LUGLIO 2017_ PIZ DEL CORVO
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Piz del Corvo m. 2383Si parte da Toffol, 1468 m. frazioncina posta in comune di Selva di Cadore alle pendici del Monte Cernera. L’escursione non presenta difficoltà tecniche ma è piuttosto lunga, considerato il giro ad anello proposto. Il dislivello da superare si aggira sui 900 metri mentre la vetta si raggiunge in due ore e mezza, tre.
Imbocchiamo un sentiero guidati da un cartello posto sul muro di una casa che reca e l´indicazione del 465 per Forcella Giau. Ben presto cominciamo a salire ripidamente nel bosco lungo un ampia strada forestale e al suo termine proseguiamo su sentiero classico, incontrando a 2115 metri il Ponte di Sassi, un caratteristico arco roccioso che permette di supera il solco del Ru delle Baste. Appena più avanti abbandoniamo il sentiero principale diretto alla Forcella Giau svoltando a destra, aiutati anche dalle indicazioni per il Piz del Corvo. Ci inoltriamo per buona traccia in una splendida valle che corre tra le propaggini della montagna che dovremo raggiungere e la bastionata del Monte Mondevàl (o Corvo Alto). Girandoci indietro scorgiamo la muraglia dei Lastòi de Fomìn. La pendenza in questo tratto non è mai troppo elevata. Rimontiamo comunque quasi completamente il solco verdeggiante e giunti quasi al culmine giriamo decisamente a destra, abbandonando la traccia e cominciando a salire senza traccia il ripidissimo pendio erboso sovrastante. Con fatica, cercando di inventarci dei tornanti per salire meno direttamente, giungiamo a una fascia rocciosa che contorniamo a sinistra, adocchiando più in alto la croce di vetta che raggiungiamo percorrendo brevemente la cresta.
Veniamo subito rapiti dalle vedute offerte da questa stupenda cima secondaria. Girandoci verso la Marmolada ci è possibile percorrere con lo sguardo tutta la Val pettorina che per una prospettiva che inganna sembra collegarsi alla Val Fiorentina. Bellissima la veduta verso Colle S. Lucia e Selva di Cadore. E poi un giro d’orizzonte dal Massiccio del Sella all’Antelao, passando per la Marmolada, le Pale di S. Martino, Civetta, Pelmo. Da qui poi la visione verso il Gruppo del Cernera è davvero particolare, così come quella verso i Lastòi de Formìn e il Monte Mondevàl. Magnifico davvero!
Discesa: cominciamo la discesa ripercorrendo a ritroso il ripido pendio erboso salito in precedenza e una volta giunti alla base giriamo a destra, salendo alla selletta quotata 2270 metri. Imbocchiamo quindi in discesa una traccia, incontrando anche dei paletti e a quota 2138 i ruderi della Casera Vallazza. Scendiamo lungamente in ambiente aperto e davvero bello, giungendo infine a incrociare il sentiero CAI 466. Poco più avanti oltrepassiamo la Casera Mondeval di Sotto, 1841 metri, e poi raggiungiamo una strada sterrata che ci porta ad una asfaltata, chiusa al traffico. La imbocchiamo verso destra, camminando per qualche chilometro, passando per la Malga Pien de Vacia e arrivando finalmente a destinazione.
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PUNTATA 7 10 LUGLIO 2017_ 4^PALA, SAN LUCANO
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Quarta Pala di S. Lucano m. 2263 Campo base è la Valle di S. Lucano, esattamente un parcheggio appena oltre col di Pra a quota 866 metri. Fino a lì si può giungere in macchina mentre in seguito un cartello di divieto ai mezzi non autorizzati impedisce il transito. L’obbiettivo si raggiunge superando 1400 metri di dislivello in tre ore, tre ore e mezza di faticosa salita. Fino alla F.lla di Gardes il cammino si svolge su sentiero mentre l’ultima parte, un po’ più impegnativa, si dirama lungo i ripidi pendii settentrionali della Quarta Pala. Niente di troppo difficile anche in questo tratto, anche se bisogna sapersi muoversi su terreno poco segnalato, sfoderando un po’ di intuito.
Dal parcheggio seguiamo la stradina sterrata, imboccando convenientemente delle scorciatoie che accorceranno notevolmente il cammino. Più in alto ci ricolleghiamo alla strada sterrata ed in beve giungiamo in località Pont, a quota 1149. Poco oltre lasciamo la pista principale diretta alla F.lla Cesurette ed imbocchiamo il sentiero 764, che in ripida e a tratti scomoda salita risale la Valle di Malgonera giungendo ad un bivio. Noi continuiamo per il segnavia 764, evitando il 762 diretto alla Baita Malgonera. Da qui in avanti si alternano dei tratti ancora ripidi ad altri meno faticosi. Pian piano usciamo comunque dal fitto bosco. L’ascesa prosegue lungamente nella Valle di Gardes fino omonima casera, 1774 metri. Poi con un ultimo ripido strappo raggiungiamo la F.lla di Gardes, che per soli 2 metri non raggiunge quota 2000. Da qui il panorama si apre anche sul versante Cencenighese. Cominciamo ora l’ultima parte del nostro viaggio, la più affascinante. Rivolgendo lo sguardo verso Cencenighe ci alziamo verso destra senza traccia, cercando i varchi migliori tra la vegetazione, fino a giungere sotto le rocce della Quarta Pala. Qui rinveniamo un sentierino poco marcato che di tanto in tanto si perde. Ci basta comunque contornare le rocce tornando sul versante Valle di S. lucano. Evitiamo di salire un primo punto debole della fascia ed andiamo avanti fino ad un secondo, molto più semplice, che ci permette di accedere al pendio sommitale. Questo punto dovremo memorizzarlo per bene dato che lo sfrutteremo anche al ritorno. Ora la salita è davvero molto ripida. Ci alziamo tra l’erba e tratti rocciosi scegliendo i punti migliori, incontrando anche qualche ometto. Sopra di noi giganteggia un roccione che sembrerebbe essere la cima. Ma non è così. In realtà la vetta è più a destra. Saliamo comunque in direzione del roccione e giunti nei suoi pressi svoltiamo diagonalmente a destra. Il cammino in diagonale si fa più agevole. Ci teniamo appena sotto la cresta e proseguiamo per un bel tratto, sfruttando i passaggi migliori. Il terreno è prevalentemente erboso con qualche roccia affiorante, mai esposto. Dopo aver traversato lungamente ci alziamo verso l’evidente punto più alto disseminato di baranci.
Un autentico impressionante baratro si apre sotto i nostri piedi. La valle di S. Lucano sembra lontanissima laggiù e la stradina che la percorre pare un piccolo sentiero. Ma la chicca di questa cima, che propone una visione dantesca verso la Terza Pala, lo Spiz di Lagunàz e i loro satelliti, è la vista sul fantasmagorico dietro Casarotto-Radin, che lascia letteralmente senza fiato. Un’altra visione meravigliosa la Quarta Pala la regala sull’Agnèr e sull’immenso spigolone nord. Lontanissime scorgiamo le abitazioni di Cencenighe. Il contrasto tra il versante erboso che abbiamo salito e gli strapiombi dalla parte opposta sembra disegnare due montagne che non hanno niente a che fare tra loro. La verdeggiante cresta che dalla Forcella di Gardès raggiunge Cima Pape è un altro scorcio meraviglioso.
Discesa:torniamo alla F.lla di Gardès individuando dall’alto il punto debole da cui scendere dalla Quarta Pala. Il seguito è un ripercorrere i passi fatti precedentemente. Un alternativa consigliabilissima, lasciando una seconda auto a Pradimezzo, frazione di Cencenighe, è scendere dalla F.lla di Gardès verso la Malga Ambrosogn per sentiero poco marcato e poi da lì a Pradimezzo sul ripido ma facile sentiero 764. In questo caso compiamo una bellissima traversata.
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PUNTATA 6 08 LUGLIO 2017_LASTONI DI FORMIN
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Lastòi de Formìn m. 2657 Il punto di partenza è la località Ponte de Rucurto, 1700 metri circa di quota, sulla provinciale del Passo Giau, a 4 chilometri da Pocol, frazione di Cortina d’Ampezzo. Il punto culminante dell’escursione sarà la Punta dei Lastoi de Formìn. L’escursione è abbastanza facile e il dislivello di circa 1000 metri è alla portata di molti. Attenzione però allo sviluppo piuttosto lungo. Il tempo previsto per arrivare in cima è di circa tre ore, che diventano sei, sei e mezza per completare l’anello proposto attorno alla Croda da Lago.
Dalla strada provinciale scendiamo di pochi metri imboccando il sentiero numero 437, inserito come variante nell’Alta Via delle Dolomiti n1, seguendo le indicazioni per il Rif. Palmieri. Attraversiamo un ponticello sul Rio Costeana e proseguiamo su tracciato dapprima pianeggiante, che in seguito risale il bosco. Superiamo un altro ponticello sul Rù Formin giungendo poco dopo a un bivio a quota 1875 m. nei pressi del Cason de Formin, dove la nostra traccia incontra il sentiero 434 che seguiamo per un breve tratto fino a un cartello che indica il sentiero 435. Abbandoniamo in questo punto il sentiero 434 diretto al rifugio Palmieri, che percorreremo al ritorno, seguendo il segnavia 435, continuando nel bosco e attraversando un altro ponticello. Giungiamo quindi all’ingresso della magnifica e selvaggia Val de Formìn, dominata dalle cime e dalle guglie della Croda da Lago. La risaliamo interamente incontrando in alto un terreno più ripido e ghiaioso cosparso di grossi massi. Su terreno meno ripido giungiamo in seguito alla Forcella de Formin, 2462 m. Qui abbandoniamo il sentiero svoltando a destra lungo i desolati e lunari Lastoi de Formin. Ci indicano il percorso dei segnavia e degli ometti. Nel caso fosse presente la nebbia sarebbe meglio desistere perché in questi ambienti i punti di riferimento vengono a mancare e si rischia seriamente di perdersi. Camminiamo su moderata pendenza superando alcuni saliscendi. Compare finalmente la cima, che raggiungiamo infine con un ultimo strappo per facili gradoni rocciosi.
Dalla Punta dei Lastòi abbiamo accesso a un panorama immenso. Colpiscono le distese di Mondevàl con il Piz del Corvo e il Corvo Alto, o Monte Mondevàl, che disegnano una doppia cresta ravvicinata molto particolare. Vertiginosamente sotto di noi scorgiamo la F.lla Giau e più lontano Passo Giau. Più dietro spicca il trittico Antelao, Pelmo, Civetta. Dal lato dove si è svolta la nostra salita la cresta della Croda da Lago e la Cima Ambrizzola e più lontano Cortina e le sue montagne. Come ben sappiamo ogni cima ha il suo particolare panorama e La Ponta dei Lastoi de Formin ne propone uno spettacolare davvero.
Discesa: cominciamo la discesa tornando alla F.lla de Formìn, punto dove avevamo abbandonato il sentiero 435. Lo ritroviamo e scendiamo dalla parte opposta rispetto al percorso che avevamo fatto precedentemente per arrivare fin lì. In basso troviamo il sentiero dell’Alta Via numero 1, il 436 che seguiamo fino alla F.lla Ambrizzola, 2277 m. Da qui imbocchiamo il 434, variante dell’ Alta Via numero 1 se fatto al contrario, che in discesa ci porta al Rif. Palmieri, 2046 m. costruito sulle rive del bel laghetto de Fedèra. Anche da qui dominano le cime della Croda da lago, che vediamo dall’ altro lato rispetto al cammino fatto in salita. Continuiamo lungo il sentiero 434, che asseconda le rive del lago e scende poi lungo la Val Negra. Giunti al Cason de Formin ritroviamo il segnavia 437 già percorso qualche ora prima per salire, chiudendo l’anello. Ora non ci resta che scendere al ponte di Rucurto.
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PUNTATA 5 07 LUGLIO 2017_PIZ GUDA
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Piz Guda m. 2132 Si parte da Sottoguda, bellissimo borgo di Rocca Pietore posto a quota 1249 metri, presso un parcheggio a poca distanza dall’ingresso dei famosi Serrai, quel meraviglioso strettissimo canyon che sale a Malga Ciapèla. La meta è una cima poco conosciuta e frequentata, che però merita di essere salita per i suoi particolari scorci e per il percorso che la raggiunge, molto suggestivo e solitario. Dislivello 900 metri, tempo occorrente per giungere a destinazione due ore, due ore e mezza.
Dal parcheggio attraversiamo un ponticello che attraversa il Ru pettorina, imboccando un largo sentiero che risale dei prati e si inoltra lungo un bosco di faggi. Il sentiero è davvero meraviglioso, anche se ripido. Con varie svolte arriviamo a dei pendii erbosi passando presso dei fienili in disfacimento. Raggiungiamo un bivio con dei cartelli; a sinistra si prosegue per il Piz Guda mentre a destra si raggiunge il Col d’Albe. Continuiamo la nostra ascesa incontrando tre baracche di legno e continuiamo lungo il bosco giungendo ad un rudere in legno dove incontriamo un altro cartello con indicazioni La Forcia e Piz Guda. Risaliamo il prato verso destra aiutati da un paletto segnaletico e facciamo attenzione ai segni perché qui la traccia è poco marcata. Scendiamo poi per pochi metri attraversando un ruscello e risalendo a destra attraverso una zona paludosa. Poi svoltiamo a sinistra passando sotto delle rocce, salendo ripidamente ad una sella dove incontriamo dei cartelli con indicazione Malga Ciapela, itinerario lungo cui potremmo scendere di ritorno dalla cima. Continuiamo la salita lungo il sentiero a sinistra che risale il bosco continuando a seguire i segni sugli alberi, passando presso due caverne ed aggirando uno spigolo. Poi attraversiamo in piano sotto una parete di origine vulcanica, fino a raggiungere una piccola sella. Proseguiamo ora ripidamente sul versante est, fino ad entrare in una trincea e incontrando poi una galleria posta proprio sotto la cima, che ci fa capire che anche questa montagna è stata coinvolta dal primo conflitto mondiale. Proseguiamo a destra per un breve pendio erboso e raggiungiamo la croce di legno sulla sommità non troppo spaziosa.
Da qui ci attende una visione aerea su Malga Ciapèla proprio sotto di noi. Magnifica la vista sull’intera Val Pettorina e altrettanto bella sulla vicinissima Marmolada, che ci offre il lato dove si insinua il Vallon d’Antermoia. Particolarissima anche la visione verso la Piana di Franzei, la Val di Franzedas e la Val Ombretta e poi quella verso la cresta verdeggiante che dal Monte Migon passa per il Monte Agnerezze e il Sass de Roi. Come spesso succede le cime secondarie e poco conosciute riservano grandi soddisfazioni e il Piz Guda di soddisfazioni ne riserva tante.
Discesa: ritorniamo sui nostri passi ripercorrendo a ritroso i passi dell’andata, oppure in alternativa, arrivati alla sella con i cartelli, scendiamo ripidamente ma su ottimo sentiero verso Malga Ciapèla, arrivando alla strada che scende dal Fedaia. Ora seguimo la strada e più in basso imbocchiamo i Serrai , arrivando a destinazione.
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PUNTATA 4 06 LUGLIO 2017_ MONT ALTO
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Mont Alto m. 2545 Punto di partenza la F.lla Lagazzon, 1356 metri di quota, valico raggiungibile comodamente in auto sia da Vallada che da Caviola. Il Mont Alto dell’Auta, posto nei pressi delle più conosciute Cime d’Auta, oppone da qui un dislivello di circa 1200 metri. Il cammino si dirama pressoché continuamente sul ripido. Tre ore, tre ore e mezza è il tempo necessario per raggiungere la destinazione. Questa montagna, seppur semplice da salire, non è molto frequentata forse perché l’Auta Orientale, con la sua ferrata, attira di più. Eppure è una magnifica meta dal panorama immenso, sui cui pendii sommitali si incontrano spesso branchi di stambecchi.
Imbocchiamo un’ampia stradina forestale lasciandoci alle spalle il Rif. Lagazzon. Si sale inizialmente senza grandi pendenze ma ben presto la strada si impenna decisamente. La seguiamo lungamente prima che lasci spazio a un tradizionale sentiero montano contrassegnato dal numero 687. La salita si svolge nel bosco, da cui usciamo nei pressi della Baita di Colmont. La magnifica baita, costruita a quota 1954 metri di quota, è posta ai piedi di ripidi pendii erbosi che dovremo ora percorrere. Il ricovero è tenuto in ottimo stato ed è liberamente usufruibile. Già da qui il panorama si apre magnificamente. Abbiamo già superato metà dislivello e continuiamo lungo il sentiero 687, salendo con fatica lungo i prati aprendoci sempre più la visuale. Impressiona l’Auta Orientale con la sua grande parete rivolta verso Falcade, le cui case scorgiamo laggiù in basso. Il nostro Mont Alto non è invece ancora visibile. Giunti sotto le rocce attraversiamo a destra lungo la traccia non proprio comoda che si insinua tra dei franamenti e che poi sale a tornanti alla F.lla di Col Negher, 2360 metri. Compare improvvisamente la parete sud della Marmolada e una conca sotto di noi ospita un autentico gioiellino, il Lach dei Negher, nome che richiama le scure rocce vulcaniche che lo circondano. Viene chiamato anche Lach dei Giai, per la presenza nella zona di Galli Cedroni. Finalmente compare anche la nostra montagna proprio sopra al Lago. A questo punto svoltiamo a sinistra percorrendo una dorsale erbosa e più in alto superiamo un brevissimo saltino attrezzato. Giunti nei pressi del Corn Negher, un isolato roccione vulcanico molto impattante, lasciamo il sentiero diretto alla via normale dell’Auta Orientale e saliamo dritti per una traccia lungo un ghiaione. Poi, seguendo vari ometti, contorniamo il Corn Negher, superando dei blocchi franati, giungendo alla base del pendio sommitale. Lo risaliamo intuitivamente senza traccia su facile terreno erboso a volte un po’ripido e finalmente raggiungiamo la vetta!
Davanti a noi tutta l’immensa parete sud della Marmolada. In basso la vista sulla Val di Franzedas è vertiginosa e magnifiche sono le vedute verso il Monte Fop, il Monte La Banca e la Forca Rossa. A ovest si alzano le Auta mentre a sud giganteggiano le Pale di S. Martino. Verso est, in lontananza scorgiamo Agordo. Appena di là della vetta sulla quale ci siamo issati, più o meno alla stessa altezza, si erge la cima orientale del Mont Alto, dove qualche anno fa è stata collocata una croce. E’ raggiungibile in breve scendendo con attenzione un pendio di roccette ed erba. Da lì la vista si apre sulla piana di Franzei, la Val Pettorina e Malga Ciapela.
Discesa:per il ritorno seguiamo fedelmente i passi dell’andata. Consigliabile una sosta sulle sponde del Lach dei Negher.
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PUNTATA 3 05 LUGLIO 2017_ ROCCHETTA DI PRENDERA
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Rocchetta di Prendèra m. 2496 Parcheggiamo l’auto ai piedi del Pelmo, presso un ampio parcheggio a quota 1663 poco sotto Passo Staulanza, lato Selva di Cadore. La meta è la Rocchetta di Prendèra, la più elevata di una piccola catena montuosa che comprende altre tre cime, la Rocchetta di Ruoibles, la Rocchetta di Sorarù e la rocchetta di Campolongo. Il dislivello ammonta a circa 830 metri ed il tempo occorrente per raggiungere la destinazione possiamo stimarlo in due ore e mezza, tre. L’escursione relativamente facile e non troppo faticosa si svolgerà in ambiente davvero suggestivo.
Dal parcheggio imbocchiamo la comoda stradina bianca contrassegnata dal segnavia 467 alzandoci senza eccessiva fatica, sfiorando in breve la Malga Fiorentina, 1799 metri. Continuiamo lungo la stradina salendo ancora un poco fino a raggiungere la radura dove a 1918 metri di quota sorge il Rif. Città di Fiume, che offre una visuale a dir poco strepitosa sul versante nord del Pelmo. Essendo appena partiti non pensiamo nemmeno di fermarci. Lo faremo sicuramente al ritorno. Riprendiamo a salire alle spalle del rifugio sempre seguendo il segnavia 467. Ora la stradina ha lasciato spazio al classico sentierino di montagna, un sentiero importante dato che fa parte dell’Alta Via numero 1. Dopo un ripido pendio il cammino torna a svolgersi su terreno piuttosto pianeggiante. Aggiriamo ora il Col della Puina, altra bella meta raggiungibile dal rifugio in meno di un’ora. In lontananza già vediamo la nostra meta. Andiamo avanti senza fatica giungendo alla F.lla della Puina, 2034 metri, dove la vista si apre sulle Dolomiti del Cadore, con Sorapis e Antelao che spiccano. Ora scendiamo un poco prima di riprendere a salire, passando per la F.lla Roàn, 1999 metri, e poi per la F.lla di Col de Roàn, 2075 metri, da cui parte un sentiero verso S. Vito di Cadore. Noi tiriamo dritto e raggiungiamo invece la non più alpeggiata Malga Prendèra, 2148 metri. L’itinerario che abbiamo seguito fin qui è una classica anche d’inverno con le ciaspe o gli sci d’alpinismo. La malga Si trova alla base della Rocchetta di Prendèra, la cima che dobbiamo raggiungere, ed il posto è davvero incantevole. Continuiamo a seguire il segnavia 436 rimontando un pendio. Ora però lasciamo il sentiero nel punto dove più in alto a destra notiamo un canalone che si insinua tra la Rocchetta di Prendèra e il Becco di Mezzodì. Intuitivamente risaliamo ripidamente tra zolle erbose e rocce verso il canalone, cominciando poi a rimontarlo. Il terreno qui si è fatto più roccioso e conviene seguire la traccia che si nota lungo il ghiaione. E’ il tratto più faticoso dell’escursione, non difficile ma che richiede un po’ di attenzione. Una volta arrivati alla forcella la vista si apre sul versante opposto, quello cortinese. Ora percorriamo la lunga, facile e poco ripida dorsale alla nostra destra. Infine con un ultimo strappo arriviamo in vetta.
Lo sguardo corre libero verso Cortina e i vari paesi del Cadore con le loro cime. Dalla parte opposta spiccano Pelmo e Civetta. Bellissime le distese verdeggianti di Mondevàl. Scorgiamo anche il Rif. Palmieri alla base della Croda da Lago e sotto di noi, praticamente a picco, ecco Malga Prendèra.
Discesa: torniamo indietro seguendo fedelmente l’itinerario già percorso all’andata.
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PUNTATA 2 04 LUGLIO 2017_ CERNERA
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Monte Cernera, 2657 m. Il punto di partenza è Passo Giau, 2236 metri di quota. Il tempo stimato per arrivare a destinazione è un paio d’ore. La salita, iniziando da una quota molto elevata, presenta un modesto dislivello pari circa 400 metri, ma non è da sottovalutare, anche se è alla portata della maggior parte degli escursionisti che abbiano un minimo di esperienza. Sul percorso si incontrano alcuni brevi e facili tratti attrezzati che aiutano a superare i passaggi più impegnativi. L’attrezzatura da ferrata servirà eventualmente a chi volesse superarli sentendosi più sicuro o a chi è alle prime armi, ma non è indispensabile.
Da passo Giau, seguendo il segnavia 436 che si origina nei pressi della chiesetta, imbocchiamo un sentiero in gran parte pianeggiante che, aggirati alcuni colletti, oltrepassa la Forcella Zonia e prosegue passando alto sopra l’ingresso dell’omonima valle, portandoci alla F. lla di Col Piombìn, 2239 m. Abbandoniamo ora il frequentatissimo sentiero principale che si dirige a sinistra verso la Forcella Giau, proseguendo invece a destra, aiutati anche dall’ indicazione di cartello su cui si legge “sentiero alpinistico del Cernera”. Senza farci troppo impressionare dalla definizione data al nostro itinerario ci abbassiamo brevemente e cominciamo a contornare lungamente le pareti che ci sovrastano, proseguendo perlopiù su terreno pianeggiante, ogni tanto interrotto da brevi strappi, guidati oltre che dall’evidente traccia anche dai bollini rossi e dagli ometti. Arriviamo a un brevissimo tratto roccioso, superabile facilmente in diagonale grazie all’aiuto di un cavo metallico. Di seguito una ripida rampa ci porta a una forcelletta, doppiata la quale ci troviamo ad affrontare un secondo tratto attrezzato e poi un terzo, entrambi semplicissimi, intervallati da un sentierino un po’ esposto ma facili. Giunti al termine dell’ ultimo cavo metallico saliamo ripidamente per terreno erboso seguendo ancora i bollini, gli ometti e la traccia, di tanto in tanto meno evidente. Andiamo incontro ad altre rocce e una volta giunti a ridosso di queste scegliamo la traccia di sinistra, tralasciando quella che porta al Verdàl, cima che potrebbe diventare un’ulteriore meta al ritorno. Dopo pochi metri di risalita su ghiaione eccoci giungere ai piedi dell’ ultimo tratto attrezzato, appena più impegnativo dei precedenti. Nel salirlo prestiamo attenzione alla roccia spesso umida, anche se ben gradinata. Superato il salto ci troviamo sulla parte superiore della montagna. Risaliamo ora senza difficoltà un pendio di zolle. Più sopra il terreno si fa roccioso ma l’avanzata non incontra difficoltà. Improvvisamente avvistiamo la grande croce bianca della vetta. Non resta che andarle incontro camminando infine sulle ghiaie sommitali.
Dalla cima il panorama è notevolissimo e aperto praticamente a 360°, con visibili tutte le maggiori elevazioni dolomitiche. Bellissima e particolare la veduta verso Passo Giau. Altrettanto bella ma più inquietante la visione aerea sul versante opposto, con le case di Colle S. Lucia, Selva di Cadore e relative frazioni disseminate tra i boschi della Val Fiorentina. Attorno spiccano le altre cime di questo minuscolo sottogruppo, tutte magnifiche mete quasi mai visitate, anche perché nella maggior parte non semplici da raggiungere. Soprattutto impressiona la cima inclinata del Cernera Sud, così vicina eppure all’apparenza irraggiungibile.
Discesa: la discesa ricalca la salita con la possibile variante che porta alla cima del Verdàl, 2491 metri, raggiungibile dopo aver sceso il tratto attrezzato sotto la cima seguendo il sentiero che contorna le rocce e che passa per la F.lla de la Ciaza, dove sbocca lo splendido e selvaggio Vallon de la Ciaza. Da qui saliamo in cresta e continuiamo fino alla facile ma bellissima meta che permette una visione particolare sulla cima del Cernera da cui siamo appena scesi.
Abbandonato il Verdàl, torniamo sui nostri passi ritrovando il sentiero del Cernera che ci riporta a Passo Giau.
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PUNTATA 1 03 LUGLIO 2017_ MIGON
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Monte Migon, 2384 m. Si parte da Ronch, 1508 metri, appena sopra Laste, in comune di Rocca Pietore. Il dislivello da superare ammonta a poco meno di 900 metri ed il tempo occorrente per raggiungere la cima si aggira tra le due ore e le due ore e mezza. La salita si svolge su pendii ripidi ma non è difficile.
Da Ronch, frazione graziosa e purtroppo ormai quasi completamente spopolata, imbocchiamo una stradina con segnavia 636 che si origina nei pressi di una fontana. Passiamo in breve ai piedi del Sas de Rocia, utilizzato anche come palestra di roccia dove sale anche una brevissima ma verticale ferrata. In cima è collocato il Bivacco Pian delle Stelle. Continuiamo su per la stradina che ogni tanto si impenna, giungendo ad un tratto pianeggiante dove incrociamo un’altra strada sterrata che sale da Davare. Questa raggiunge Malga Laste, altro posto molto bello e meritevole di essere visitato. Deviamo a sinistra, all’altezza di un cartello che indica il Sentiero delle creste. Seguiamo la traccia e all’altezza di un fienile cominciamo a salire più ripidamente ancora sinistra. Dopo un tratto faticoso il sentiero si fa meno ripido. Oltrepassiamo un ruscello e ricominciamo a salire su pendenze piuttosto impegnative. Di tanto in tanto incontriamo dei segnavia sugli alberi ma il sentierino è comunque evidente. D’un tratto il bosco si dirada lasciandoci intuire i pendii erbosi più sopra. Saliamo faticosamente con numerose svolte aprendoci la vista verso Civetta e Pelmo e su Ronch, il nostro campo base. Più in alto gli alberi si fanno ancora più radi e la pendenza non molla. In questo tratto troviamo anche dei paletti ad indicarci la via. Sempre a svolte ci alziamo sempre di più, giungendo nei pressi dell’anticima del Migon. Voltandoci verso la strada fatta ci impressionano i ripidissimi pendii percorsi. Aggiriamo ora l’anticima verso sinistra giungendo nei pressi di un pianoro da dove avvistiamo il Migon e più avanti il Monte Agnerezze, che insieme all’anticima disegnano una cresta verdeggiante dove spiccano le tre alture. Abbandoniamo ora la traccia che corre bassa sotto la cresta e ne imbocchiamo una che sale verso l’anticima. Con fatica rimontiamo il pendio e raggiungiamo l’elevazione, proseguendo poi verso l’altura successiva. Il percorso di cresta diviene magnificamente panoramico. Saliamo il pendio successivo ed avvistiamo la croce di vetta del Monte Migon che raggiungiamo in un baleno.
La vista da quassù spazia letteralmente a 360°. Moè di Laste e più in basso la chiesa ci paiono lontanissime, così come Malga Laste. La Marmolada spicca davanti a noi elevando il Piz Serauta. Tutti gli altri famosi tremila non mancano all’appello. E poi il Col di Lana con ai suoi piedi Pieve di Livinallongo e tante frazioncine. Ancora più indietro si ergono il Sasso della Croce e il Piz de Conturines e poi i ghiacciai austriaci. Molto distante avvistiamo il Rif. Padon. Continuando per il sentiero delle creste lo si può raggiungere.
Discesa: la discesa avviene lungo il versante di salita. In alternativa, continuando verso il Monte Agnerezze, si può scendere scendere verso Malga Laste lungo una buona traccia, rientrando poi a Roch per la comoda stradina già incrociata più in basso (alternativa molto consigliabile).