Ma per benessere aziendale, invece, ci supera solo la Lombardia e la Provincia Autonoma di Bolzano
Secondo l’Ufficio Studi della CGIA, basandosi sull’indagine BES-Istat condotta nel 2023, le aree geografiche con il più alto livello di soddisfazione lavorativa sono Aosta, Trento e Bolzano: tutti territori di alta montagna. Il Veneto, invece, a livello nazionale si colloca un po’ al disotto di metà classifica, con una incidenza percentuale degli occupati soddisfatti pari al 52,3 per cento. E’ un dato inferiore a quello di tutte le principali regioni del Nord Italia, probabilmente condizionato da un livello di stress, di tensione, di logorio e di ritmi di lavoro molto intensi che difficilmente non sono riscontrabili nel resto del Paese. Ricordiamo che, in termini assoluti, i veneti felici del proprio posto di lavoro sono 1.142.000 e rispetto al 2019, anno pre-Covid, sono cresciuti del 13,8 per cento.
In questa ricerca, sottolinea la CGIA, è stata stimata la percentuale di lavoratori che ha manifestato un elevato grado di apprezzamento per la propria attività professionale, considerando vari fattori quali le opportunità di carriera, l’orario di lavoro, la stabilità occupazionale, la distanza tra casa e luogo di lavoro e l’interesse per le mansioni svolte.
Da questa elaborazione è emerso che in Italia sono 12,2 milioni gli addetti che hanno dichiarato di “amare” il proprio lavoro, pari al 51,7 per cento del totale degli occupati presenti nel Paese.
A livello territoriale la Valle d’Aosta si è posizionata al primo posto nella classifica nazionale con il 61,7 per cento degli occupati (in valore assoluto pari a 70mila persone); sono persone che hanno dichiarato
una significativa soddisfazione professionale. Seguono la Provincia Autonoma di Trento con il 61,1 per cento (161mila) e quella di Bolzano con il 60,5 (170mila). Subito dopo si sono collocate l’Umbria con il 58,2 (234mila), il Piemonte con il 57,1 (poco più di un milione) e le Marche con il 55,4 (370mila). Il Veneto, come dicevamo più sopra, si “piazza” al 13° posto con un’incidenza del 52,3 per cento.
Ad esclusione del Piemonte, nelle posizioni di vertice si osservano prevalentemente realtà geografiche di dimensioni contenute, caratterizzate dalla presenza di piccolissime attività produttive, con un impatto ambientale trascurabile. Tali realtà risultano fortemente integrate e in perfetto equilibrio con territori di straordinaria bellezza, ancora preservati e a misura d’uomo. Insomma, le piccole imprese oltre a svolgere un ruolo fondamentale nella conservazione, nella difesa della cultura e delle tradizioni locali, promuovono l’identità delle comunità coinvolte, valorizzando i lavoratori che si sentono i principali protagonisti di questo successo.
Se nella parte alta della classifica dominano le piccole realtà geografiche, la coda, invece, è occupata dalle regioni del Sud. Negli ultimi posti scorgiamo i lavoratori della Calabria con un livello di “felicità” del proprio lavoro del 43,8 per cento (pari a 245mila persone), della Basilicata con il 42,3 per cento (96mila) e, infine, della Campania con il 41,2 (681mila) (vedi Tab. 1).
L’analisi dell’Ufficio studi della CGIA è proseguita mettendo a confronto l’indicatore appena analizzato con altri nove collegati sempre alla qualità dell’attività lavorativa svolta. Attraverso questa operazione è stato possibile misurare il benessere aziendale. Se la felicità è uno stato d’animo che attiene alla sfera personale, in questo caso dei lavoratori, il benessere del luogo di lavoro è un indice più completo che tiene conto anche del contesto socio-economico di un territorio. Una variabile che è stata ottenuta attraverso la misurazione di quanti lavorano e non lavorano, degli irregolari, del tasso di istruzione correlato alle mansioni svolte, della precarietà, del livello retributivo, degli infortuni mortali, etc. Per ciascuno dei dieci sottoindicatori è stata stilata una graduatoria regionale e a ogni area geografica è stato corrisposto un punteggio che oscilla tra un valore minimo pari a zero e un valore massimo pari a 100. Dopodiché, attraverso la realizzazione di una media semplice, è stata redatta una classifica nazionale in grado di stimare il benessere aziendale presente in tutte le regioni presenti nel Paese.
Analizzando i risultati che emergono dall’incrocio dei 10 sottoindicatori sulla qualità del lavoro, è la Lombardia a guidare la graduatoria nazionale. Seguono al secondo posto la Provincia Autonoma di Bolzano e al terzo il nostro Veneto. Fuori dal podio scorgiamo la Provincia Autonoma di Trento, il Piemonte e il Friuli Venezia Giulia, mentre nelle parti basse della classifica troviamo la Sicilia, la Basilicata e, fanalino di coda, la Calabria (vedi Graf.1). I sottoindicatori presi in esame sono i seguenti:
1 – occupati in lavori a termine da almeno 5 anni;
2 – tasso di occupazione (20-64 anni);
3 – occupati sovraistruiti;
4 – occupati non regolari;
5 – soddisfazione per il lavoro svolto;
6 – percezione di insicurezza dell’occupazione;
7 – part time involontario;
8 – occupati che lavorano da casa;
9 – tasso di mancata partecipazione al lavoro;
10 – tasso di infortuni mortali e inabilità permanente.
In relazione al numero di precari – vale a dire alla percentuale di occupati con lavori a termine da almeno 5 anni – le situazioni più critiche registrate nel 2023 hanno interessato la Puglia e la Calabria entrambe con il 25,5 per cento, la Basilicata con il 25,7 per cento e la Sicilia con il 27,9 per cento. La Lombardia, invece, è la regione che con il 10,7 per cento è la meno interessata da questo fenomeno. Il Veneto presenta un risultato molto contenuto con una percentuale del 13,1.
Il tasso di occupazione più elevato è in capo alla Provincia Autonoma di Bolzano che è pari al 79,6 per cento, in Valle d’Aosta al 77,3 e in Emilia Romagna al 75,9. Le situazioni meno virtuose le scorgiamo in Sicilia con il 48,7 per cento, in Campania e in Calabria entrambe con il 48,4. Nella nostra regione il tasso è del 75,9.
Per quanto concerne gli occupati sovraistruiti – ovvero coloro che nel 2023 ritenevano di avere un titolo di studio superiore a quello maggiormente posseduto per svolgere quella professione sul totale degli occupati – la punta più elevata è del 33,5 per cento in Molise; seguono con il 33,2 per cento la Basilicata e il 32,7 per cento l’Umbria. Il livello più contenuto si evince nella Provincia Autonoma di Bolzano con il 16,3 per cento. In Veneto il dato si colloca al 27,8 per cento.
Il lavoro irregolare è presente soprattutto nel Mezzogiorno, con punte ogni 100 occupati del 16 per cento in Sicilia, del 16,5 per cento in Campania e addirittura del 19,6 per cento in Calabria. Il livello più contenuto, invece, lo scorgiamo nella Provincia Autonoma di Bolzano con il 7,9 per cento. Subito dopo si “posiziona” il Veneto con l’8,1 per cento.
Come dicevamo più sopra, la soddisfazione per il proprio lavoro – vale a dire l’appagamento per il livello di retribuzione ottenuto, le ore lavorate, la stabilità del posto, l’opportunità di carriera, la distanza casa/lavoro, etc. – tocca la punta più elevata del 61,7 per cento in Valle d’Aosta. Seguono con il 61,1 per cento nella provincia Autonoma di Trento e con il 60,5 per cento nella Provincia Autonoma di Bolzano. Il livello di soddisfazione più basso si attesta al 41,2 per cento e riguarda la Campania. In Veneto praticamente un occupato su due non è soddisfatto del lavoro che svolge (per la precisone il 52,3 per cento del totale).
La paura di perdere il posto di lavoro è diffusa soprattutto nel Mezzogiorno. Le situazioni più critiche interessano gli occupati della Calabria (5,9 per cento), quelli della Sicilia (6,4 per cento) e, in particolare, quelli della Basilicata (8,8 per cento). I più “sereni”, invece, sono i lavoratori della Provincia Autonoma di Bolzano: nel 2023 solo il 2,4 per cento ha manifestato una percezione di insicurezza del proprio posto di lavoro. Nella nostra regione la preoccupazione è solo del 3,2 per cento.
Il part time involontario presente ogni 100 occupati, vale a dire coloro che nel 2023 hanno dichiarato di essere stati assunti con un contratto a tempo parziale, poichè non ne hanno trovato uno a tempo pieno. Ebbene, le situazioni più critiche hanno interessato il Molise con il 13,8 per cento, la Sardegna con il 14,7 per cento e la Sicilia con il 14,8 per cento. Ancora una volta la Provincia Autonoma di Bolzano con il 3,8 per cento degli occupati è risultata essere la realtà più virtuosa d’Italia. Segue il Veneto con il 6,7 per cento.
In merito allo smart working, sono i lavoratori del Lazio a farne maggior ricorso: nel 2023 la media ha interessato il 20,9 per cento degli occupati. Seguono la Lombardia con il 15,6 e la Liguria con il 14,9. Chiude la graduatoria la Puglia con il 5,4 per cento. La nostra regione conta il 10,2 per cento del totale occupati che lavorano da casa.
Tra coloro che hanno deciso di non lavorare e nemmeno di cercare un posto di lavoro – vale a dire il cosiddetto tasso di mancata partecipazione – spicca il dato della Calabria pari al 32,1 per cento, della Campania con il 32,3 e, in particolare, della Sicilia con il 32,6. Il tasso più contenuto lo registra la Provincia Autonoma di Bolzano con il 3,5 per cento; subito dopo scorgiamo il Veneto con il 6,6 per cento.
L’ultimo sottoindicatore analizzato dalla CGIA riguarda gli infortuni mortali e a quelli che hanno provocato nel 2022 una inabilità permanente ogni 10mila occupati. Ebbene, tra le regioni più investite da queste tragedie si segnala l’Abruzzo con il 14,7 per cento, la Basilicata con il 16,1 per cento e l’Umbria con il 16,7 per cento. La regione meno coinvolta, invece, è stata la Lombardia con il 7,4 per cento. Il Veneto è al 5° posto con un’incidenza del 9,4 per cento (vedi Tab. 2).